Caccia tragica, ucciso dal cugino

Lunedì 11 Ottobre 2021
Caccia tragica, ucciso dal cugino
IL DRAMMA
UMBERTIDE Un pomeriggio di svago finisce in tragedia. Muore, colpito accidentalmente da un compagno di escursione. San Paolo di Preggio, sulle colline di Umbertide che guardano al Lago Trasimeno, è la zona assegnata a una squadra del Perugino per la caccia al cinghiale.
Gente esperta che normalmente si muove seguendo un preciso protocollo di sicurezza. Tabellata la zona per segnalare la battuta in corso, entrano in azione i cani che stanano la preda e la spingono verso coloro che devono ucciderla. Questi ultimi hanno la consegna, tassativa, di non muoversi dal loro posto fino a quando tutto è terminato. Ma nella circostanza qualcosa è andato drammaticamente storto.
Del gruppetto fanno parte due anziani sugli 80 anni, accomunati da legami di stretta parentela. Cugini, dicono. Hanno la posta l'uno davanti all'altro. Quando arriva l'animale, partono i colpi. Uno, due, tre, sembra.
Un paio vanno a vuoto, il terzo raggiunge al torace Antonio Batta Fioroni, residente a Corciano. I compagni si accorgono dell'accaduto e della gravità della situazione. Mentre cercano in qualche maniera di soccorrere il ferito, allertano l'ambulanza. L'equipaggio del 118 arriverà quando per l'ottuagenario non c'è nulla da fare.
Il corpo, caricato su una speciale barella portantina, sarà recuperato a metà pomeriggio dal Soccorso Alpino e Speleologico Umbria. Sul posto anche i carabinieri di Umbertide.
I loro rilievi, insieme all'autopsia disposta dal magistrato di turno, chiariranno la dinamica dell'incidente, nel quale la fatalità appare determinante. Una fatalità che getta nel dramma famigliari e amici.
A gennaio un 74enne di Massa Martana si era fratturato una gamba dopo essere caduto in un fossato durante una battuta al cinghiale dalle parti di Ferentillo, in Valnerina. Ma di questi ungulati se ne parla da tanto tempo soprattutto per i gravissimi danni all'agricoltura. A più riprese le associazioni di categoria hanno denunciato la loro abnorme proliferazione (in Umbria ce ne sarebbero almeno 100mila esemplari), i rischi per la sicurezza e salute pubblica. Tra le misure straordinarie sollecitano l'adozione di un piano di contenimento che preveda il ricorso ad ogni strumento, compresa la possibilità di intervento diretto degli agricoltori in possesso di licenza. Per l'ordinario, invece, chiedono il censimento della specie, la definizione delle aree non vocate alla presenza del cinghiale e piani di controllo specifici, un maggiore coinvolgimento dei gestori delle aree naturali protette, la creazione di un sistema snello per la commercializzazione delle carni. Infine, la modifica del sistema di accertamento dei danni e degli indennizzi.
Walter Rondoni
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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