Viale Ungheria, il no della Cassazione: definitiva la condanna di Gezim Cela

Venerdì 23 Marzo 2018
L'ATTENTATO
UDINE Il suo nome era finito nella lunga lista degli indagati nell'ambito del maxi processo sulla bomba che esplose all'alba del 23 dicembre 1998 in viale Ungheria, uccidendo tre poliziotti. Non tra quello degli accusati, infine tutti assolti, del reato di strage, rimasta ancora senza colpevoli. Ma tra quelli a cui venivano contestati una serie di reati satellite tra cui l'associazione a delinquere, inizialmente configurata dalla Procura come di stampo mafioso e poi ritenuta nel corso dei giudizi quella meno grave di associazione semplice.
LATITANZA
Gezim Cela, alias Gezim Celaj, 49 anni, nato a Shiqiptare, in Albania, era stato condannato in latitanza con sentenza della Corte d'assise di Udine del 29 maggio 2003, divenuta irrevocabile il 17 marzo 2011. Sentenza che ora non potrà impugnare davanti alla Corte di Cassazione. Lo hanno stabilito con una recente ordinanza del 22 febbraio gli Ermellini che hanno dichiarato inammissibile il ricorso proposto il 1 giugno 2017 dall'uomo, attraverso il suo avvocato, per essere rimesso in termini. Condannato in condizioni di latitanza in assise a Udine per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, si era visto ridurre la pena dalla Corte d'assise d'appello di Trieste a 10 anni, 11 mesi di reclusione e 149.970 euro di multa. Dopo l'esito del giudizio di Cassazione relativo ad altri indagati, a cui lui non aveva preso parte, Gezim aveva proposto istanza di estensione degli effetti del giudicato favorevole davanti alla Corte di assise di appello di Trieste.
LO SCONTO
Con ordinanza del 19 maggio 2017, ripercorrono le tappe della vicenda gli Ermellini nelle motivazioni dell'ordinanza, la Corte di Trieste «aveva accolto parzialmente quella istanza rideterminando la pena a suo carico in quella di anni nove, mesi undici di reclusione ed euro 134.970 di multa, aveva applicato l'indulto della pena pecuniaria nella misura di euro 2.122,91 ed aveva rideterminato la pena residua complessiva da espiare da parte del Cela». Ma «l'accoglimento parziale della relativa istanza in ragione della diversa e più favorevole qualificazione del reato associativo (associazione semplice senza aggravante in luogo di quella di stampo mafioso) non ha determinato concludono i giudici - la configurazione di una nuova fattispecie» tale da consentire al Cela di «computare il termine di decadenza ex novo».
Elena Viotto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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