Tracciamento, il personale non basta

Lunedì 13 Luglio 2020
IL CASO
UDINE In Friuli Venezia Giulia mancano all'appello i detective anti-covid. Il personale incaricato di occuparsi del tracciamento dei contatti delle persone risultate positive al test non raggiunge il tetto minimo indicato da Roma. A dirlo, il report del ministero e dell'Istituto superiore di sanità appena reso noto nella sua versione integrale dal Sole 24ore. In quelle stesse pagine del monitoraggio settimanale (che fissa ad oltre seicento i focolai attivi in Italia) il Friuli Venezia Giulia risulta fra le dieci regioni in cui il rischio al momento è salito a moderato in base all'andamento del virus. Anche se il nostro territorio non è fra le sette regioni con Rt (l'indicatore che misura la velocità di diffusione del covid-19) superiore a 1, tuttavia il Fvg, secondo i dati del report reso noto, sconta una carenza di personale per tracciare la presenza del virus, individuando tutte le persone venute a contatto con i casi positivi. Con Abruzzo, Campania e Puglia, infatti, anche il Friuli non ha raggiunto sinora la soglia minima fissata da Roma (uno ogni 10mila abitanti), dei dipendenti incaricati di stanare il virus fra quanti sono stati vicini alle persone contagiate. La Regione aumenterà il personale a disposizione sul fronte della Prevenzione? Il vicegovernatore Riccardo Riccardi risponde che «stiamo lavorando per allinearci agli standard del ministero anche con nuove assunzioni». Quanti dipendenti serviranno? «Stiamo facendo i conti», si limita a dire Riccardi.
IL SINDACATO
Il problema della carenza di personale, peraltro, era già stato sollevato da Cgil, Cisl e Uil, come ricorda la segretaria generale della Fp Cgil Fvg, Orietta Olivo, che rammenta la mobilitazione già scattata, con il presidio previsto a Trieste il 22 e lo sciopero del 24 luglio a Pordenone. Ma un nodo ancor più grosso, a suo dire, è quello della trasparenza sui dati. «È un grosso problema che abbiamo con Riccardi - dice Olivo - e che non abbiamo mai avuto né con assessori di centrosinistra, come Telesca, né con quelli di centrodestra da Kosic a Tondo. Non abbiamo mai avuto questo blocco delle informazioni: non ci vengono forniti i dati. È un problema politico. Abbiamo qualche dato parziale dalle Aziende sanitarie sulle assunzioni, ma per avere il quadro completo servirebbe il numero dei sanitari che sono a casa causa covid e quello delle cessazioni. È una gravissima scelta quella di non fornire i dati ai sindacati», affonda Olivo. E ricorda anche come manchi all'appello il comitato chiesto da marzo. «Landini ha firmato il protocollo su salute e sicurezza a livello nazionale il 14 marzo. A fine marzo è stato siglato un addendum specifico che doveva avere ricadute a livello locale con la creazione di appositi comitati. Abbiamo iniziato a chiedere questo comitato in Fvg dal 30 marzo. Più di un mese dopo c'è stata una riunione, ma non si sono presentati né l'assessore né la direzione, solo i tecnici. Poi non si è visto più nulla. Il comitato è il posto dove vengono fuori i numeri». Di sicuro, aggiunge, la Prevenzione va rinforzata, ma, dice, «se, come pare, il vaccino potrebbe arrivare per l'autunno, non avremmo abbastanza assistenti sanitari per somministrarlo. Inoltre, mancano dipendenti nei dipartimenti di Prevenzione, da sempre le Cenerentole di tutte le amministrazioni».«A me risulta che i sindacati abbiano i numeri, probabilmente non hanno i numeri che vorrebbero. Noi abbiamo fatto una proposta accogliendo anche loro idee, loro non ci hanno risposto. Aspettiamo un sì o un no», replica Riccardi.
IL PD
Anche la minoranza si preoccupa per le carenze di personale. «Da questa relazione - rileva Franco Iacop, Pd - emerge che non si può dormire sugli allori. Non basta dire: siamo stati i più bravi. C'è la necessità di adeguare le strutture. Più volte è stata segnalata la necessità di rinfoltire il personale. Queste cose, le avevamo chieste e siamo stati presi per quelli che volevano una commissione di inchiesta quasi intendessimo mettere sotto accusa chi ha operato. Non è questa la realtà. Bisogna fare in modo che il sistema sia in grado di monitorare e di intervenire in modo molto rapido sui focolai. Non c'è solo il tema dell'esercito ai confini. Certo quello è un problema, ma è un problema anche l'organizzazione interna».
Camilla De Mori
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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