SALUTE
UDINE È la porta d'ingresso dell'ospedale, l'area da cui passano

Martedì 1 Dicembre 2020
SALUTE
UDINE È la porta d'ingresso dell'ospedale, l'area da cui passano tutti i pazienti prima di essere ricoverati o dimessi. È il Pronto soccorso, talmente al limite da portare 29 dirigenti medici a dichiarare che ci sono pazienti per i quali «ci è stato impossibile garantire l'assistenza primaria e la sicurezza». Tanto hanno scritto in una lunga lettera indirizzata al direttore generale dell'AsuFc, Massimo Braganti, per evidenziare le criticità che stanno affrontando con l'auspicio di poter «stimolare un colloquio costruttivo, per una gestione più appropriata del prossimo periodo, che si prospetta ancora lungo e impegnativo». I camici bianchi del Pronto soccorso e della medicina d'urgenza spiegano come, in questa seconda ondata, si trovino «nuovamente a lavorare immersi ogni giorno nella disorganizzazione, stremati fisicamente e moralmente e attualmente decimati dalle positività emerse tra il personale della Soc. In questo contesto purtroppo ci sentiamo sempre più sviliti nella nostra figura professionale. Non si tratta di un mero moto di orgoglio affermano - vogliamo denunciare ufficialmente le criticità che ci impediscono di gestire i pazienti nel rispetto della nostra etica professionale e del giuramento che tutti noi abbiamo fatto». Oltre a curare, da mesi avanzano proposte, suggerimenti, «ma apparentemente queste segnalazioni informali non hanno mai avuto seguito».
CRITICITÀ
Ed è lunga la lista delle criticità che fanno emergere dall'affollamento dell'area covid del pronto soccorso, ai «locali inadeguati per spazi e numero di personale» e ancora «distanziamento tra pazienti impossibile nelle fasi di alto afflusso». «Tutto questo ha portato alla permanenza di pazienti anziani e fragili, con elevati bisogni assistenziali in Pronto soccorso per più giorni in attesa di posto letto, persone per le quali ci è stato impossibile garantire l'assistenza primaria e la sicurezza, evento del tutto eccezionale nella storia del nostro Pronto soccorso e che ci ha profondamente messo in discussione nel nostro sentirci parte di una struttura che deve mettere al centro del suo lavoro il malato». La denuncia dei medici non riguarda solamente la gestione dei malati, ma anche l'organizzazione interna, a partire dai tamponi per cui, dicono, manca la «pianificazione della sorveglianza al personale medico, che finora ha sempre autogestito singolarmente e in piena libertà i controlli (in un presidio ospedaliero della nostra Azienda a pochi chilometri da qui il personale di Pronto soccorso esegue un tampone ogni 2-3 giorni pianificato dalla direzione). Da ultimo concludono - ci preme segnalare che la mancanza di posti letto per pazienti ad elevata intensità di cura ha trasformato l'area Covid del Ps in una terapia semi-intensiva arrivando fino a ventilare in maniera non invasiva 10-12 pazienti contemporaneamente, in condizioni di altissimo rischio infettivo per pazienti e operatori. È stato oltremodo umiliante, sconfortante e svilente, venire a conoscenza a mezzo stampa e televisione di dichiarazioni ufficiali dei vertici regionali che suggeriscono la provenienza extra-lavorativa delle infezioni rilevate all'interno della nostra Soc, trasformando in questo modo i nostri cari e noi stessi da vittime in carnefici». Non manca, infine, una considerazione dal punto di vista organizzativo, ovvero, spiegano, «il Presidio ospedaliero di Udine non ha presentato un Piano organizzativo dettagliato, adeguato a garantire le migliori cure possibili ai malati in Pronto soccorso, né a tutelare la salute dei propri dipendenti. Prendiamo atto di una serie di azioni migliorative intraprese nell'ultimo periodo ammettono che però appaiono oltre che tardive ancora insufficienti».
Lisa Zancaner
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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