«Questo virus smonta l'onnipotenza umana»

Giovedì 9 Aprile 2020
L'INTERVISTA
UDINE «Questa vicenda lascerà il segno, anche se ci vorrà tempo per vedere nuovi paesaggi e metabolizzarli. Spero che il cambiamento sarà in meglio. Ma non è scontato. Lo sarà se ci sarà un'assunzione di responsabilità etica».
L'arcivescovo di Udine, monsignor Andrea Bruno Mazzocato, si appresta a celebrare il triduo pasquale a porte chiuse per attenersi alle disposizioni anti Covid-19. Un'impossibilità all'assemblea liturgica che lo scuote profondamente, come rivela l'intonazione della voce, prima ancora delle parole: «Per noi è una condizione clamorosa, non rinvenibile facilmente in tutta la storia passata». E tuttavia, è anche una condizione intensa, di conversione.
Eccellenza, c'è chi legge la pandemia e le sue conseguenze come una ribellione del pianeta maltrattato, chi come frutto del caso, chi come castigo di Dio. Che senso ha questo accadimento nella storia personale e del popolo friulano? «Chiedersi cosa ci sia capitato e perché ci sia capitato sono domande spontanee che sorgono a tutti e che io stesso ho affrontato. È vero, ho sentito interpretazioni ecologistiche, fatalistiche, legate a castighi divini. Dare interpretazioni così universali mi pare molto rischioso, perché vorrebbe dire avere capito già tutto di ciò che sta succedendo e credo che non sia così. Da un punto di vista cristiano, è immediato il raccordo con l'Antico Testamento, dove tutti i grandi profeti si sono trovati dentro momenti tragici vissuti dal popolo di Dio. Anche essi raccoglievano la domanda di senso della gente e la loro risposta era ricorrente: convertitevi».
Detta in Friuli, nel 2020, questa esortazione che significa? «Quanto sta accadendo è come un forte scossone, che sollecita ad aprire occhi e coscienza e rendersi conto che sono state percorse strade che allontanano dai Comandamenti di Dio. Questo virus ci sta mettendo a terra, smonta le costruzioni e le pretese di onnipotenza dell'uomo. Questo tempo è, dunque, una spinta a convertirci nel senso di ritrovare una saggezza di vita, sinonimo di solidarietà tra gli uomini. Interrogatevi a fondo sui vostri stili di vita, è il mio input e penso possa andare bene a tutti».
Quali conversioni potrebbero scaturire da questa esperienza? C'è chi dice che l'attraversamento della pandemia modificherà visioni e abitudini, altri sono più scettici. «La vicenda lascerà il segno, ma al momento siamo ancora dentro gli schemi precedenti, quelli pre pandemia. Rischiamo di viverla come un evento terribile, certo sconvolgente, ma che, una volta passato, consentirà di riprendere da dove ci ha sorpresi. Ne sono una spia diversi segnali, come la stessa economia che preme per ripartire. Chiariamo, è chiaro che l'economia deve ripartire, altrimenti si è alla povertà, che per altro cominciamo già a percepire. Ma non sarà come prima».
Quali cambiamenti? «Ci vorrà del tempo per vedere nuovi paesaggi e metabolizzarli. Inevitabilmente ce ne saranno di nuovi, in ambito economico e anche sociale. Per esempio, come torneremo a incontrarci, atteso che gli effetti di questo virus dureranno a lungo? Vedremo che effetti produrrà nelle relazioni famigliari, in quelle connesse alla vita ecclesiale».
E per la Chiesa? Un ritorno alla fede e alle pratiche religiose di molti o si ingenererà un'abitudine ad avere rapporti di comunità online? «Ci sono entrambe le linee di pensiero, ma al momento mi paiono tutte profezie un po' precoci. Staremo a vedere. Per ora cerchiamo di stare il più possibile dentro questa situazione».
L'attivismo di sacerdoti e parrocchie non è mancato in queste settimane, con iniziative via web e social media per intercettare tutte le fasce di popolazione e in differenti modi. È soddisfatto? «Sì, perché dopo uno smarrimento iniziale, si sono messe in atto risorse, strumenti, fantasia. Ho visto attivarsi molte iniziative e constato che sono anche apprezzate. Ho avuto modo di sapere, per esempio, che la messa serale che celebro nella Basilica delle Grazie e trasmessa via streaming è seguita anche all'estero. L'altro giorno un fratello e una sorella friulani, che vivono rispettivamente in Giappone e negli Stati Uniti, mi hanno fatto sapere che stavano entrambi seguendo la celebrazione. Indicatori che ci ricordano anche che i cosiddetti nuovi mezzi di comunicazione, spesso usati in modo molto discutibile, sono strumenti. Dipende da noi come utilizzarli. In questo frangente si sono rivelati provvidenziali».
Antonella Lanfrit
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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