Profughi in classe, due bimbe ritirate

Mercoledì 22 Novembre 2017
Profughi in classe, due bimbe ritirate
IL CASO
UDINE Due profughi in classe, alle elementari di un piccolo paese friulano per raccontare il loro viaggio della disperazione e due famiglie che scelgono, quel giorno, di non mandare a scuola le figlie. Questa storia, cominciata venerdì scorso, ha avuto un epilogo movimentato ieri mattina, con dei genitori e un consigliere comunale (di un altro paese) che hanno inseguito la preside per avere, hanno spiegato, delle risposte. Ma andiamo con ordine.
I GENITORI
In attesa di avere la versione della scuola (la preside non ha inteso fare dichiarazioni), la verità raccontata dai genitori è questa. «Giovedì mattina - racconta la mamma di una delle due bambine - ho ricevuto dalla rappresentante di classe un messaggio su whatsapp che ci informava che il giorno dopo, nel contesto della mostra del libro, sarebbero venute a scuola due persone ospiti di una struttura della zona per raccontare il loro viaggio e che sarebbe stato presente anche il maestro Giancarlo che fa volontariato con loro. Ma io dico: oggi che nelle scuole, per fare qualsiasi cosa, anche la più banale, bisogna firmare mille carte e avvisi, possibile che per una cosa così non ci mandino nessuna comunicazione ufficiale - sostiene la mamma -? Era una cosa importante, non una barretta di cioccolato...». Così l'indomani, prosegue il racconto, la mamma ha accompagnato la sua bimba a scuola. «Quando mi è stato confermato l'incontro con i due profughi, ho detto: la bambina, la riporto a casa». Il motivo? «Non sono razzista, non ce l'ho con questi signori. Ma non volevo che queste persone andassero a raccontare lì tutte le loro tragedie: non credo che un bambino riesca a metabolizzare queste cose. Temevo che mia figlia potesse essere scioccata». E poi, ribadisce, «non ho gradito non essere stata informata. Chiediamo spiegazioni». Ieri, giorno di ricevimento della preside, che guida più istituti, «in due famiglie, siamo andate a scuola per parlarle - prosegue la mamma -, ma ci hanno detto che era dal sindaco e siamo andati lì e l'abbiamo aspettata. Poi, abbiamo chiesto di parlarle, lei non parlava e l'abbiamo inseguita fino a scuola». Ieri mattina con lei c'era anche il papà dell'altra bimba, che racconta: «Venerdì scorso mia figlia aveva perso il pullmino. Quando siamo arrivati a scuola e abbiamo scoperto dell'iniziativa con i profughi dalle altre mamme - racconta il padre - abbiamo deciso di riportarla a casa. Innanzitutto per correttezza. Avrebbero dovuto avvisarci di una cosa del genere. Non possono portare a scuola degli estranei a fare lezioni di non so che senza informare i genitori - sostiene -. Non ho nulla contro i profughi, ma non credo che sia un problema in cui coinvolgere i bambini: devono solo pensare al gioco e a crescere. Io non gli faccio neanche vedere i tg. Temevo fosse un discorso politico». Quel giorno, sostiene il papà, «avevamo chiesto di fissare un appuntamento con la preside, ma non siamo stati richiamati». Ieri, è tornato alla carica, assieme all'altra famiglia e al consigliere comunale di Fdi Riccardo Prisciano (vedi altro articolo): «Abbiamo chiesto spiegazioni. Mi sembrava di essere in un filmato di Striscia, con due persone, la dirigente e una sua collaboratrice, che si sono fatte inseguire fino a scuola». Il papà aggiunge: «Non escludo di fare una segnalazione al ministero».
IL VOLONTARIO E LA PRESIDE
Diversa la verità raccontata da Giancarlo Dal Molin, docente in pensione da settembre e oggi volontario con i profughi. «L'iniziativa è nata in occasione della settimana del libro, che prevede diversi eventi e una mostra dei lavori fatti dai ragazzi. Le insegnanti hanno organizzato questo incontro con i due migranti e io mi sono trovato in mezzo. Visto che il tema di quest'anno è il viaggio, ci sta pienamente di sentire il racconto di chi ha fatto migliaia di chilometri per arrivare in Friuli: un modo per far conoscere agli alunni esperienze di vita diverse, non su un libro ma attraverso un momento di integrazione». Così, venerdì, i due migranti sono arrivati in classe: «Najib in Afghanistan faceva l'insegnante di inglese per bambini dai 6 ai 10 anni e oggi studia l'italiano e vorrebbe ottenere la licenza media: va anche in bici a Gemona a seguire dei corsi. L'altro ragazzo era Shamsulhaq, anche lui afghano. L'iniziativa era organizzata e approvata dalla scuola, io li ho accompagnati». I timori dei genitori? «I profughi non hanno raccontato nessun particolare scioccante - assicura Dal Molin, ex consigliere comunale -. Prima hanno incontrato i bambini più piccoli, poi i più grandi e con l'aiuto della carta geografica hanno fatto vedere tutto il loro tragitto, raccontando le loro vicissitudini, ma senza dettagli crudi. I bambini erano interessati e contenti. Hanno fatto delle domande: Ma mangiavate?, Ma dormivate?. Alla fine del racconto della loro odissea, i profughi hanno fatto ascoltare agli alunni della musica afghana e i bambini hanno ricambiato facendo sentire loro i canti di Natale che stanno preparando». Insomma, vista da Dal Molin, «è stata una mattinata splendida, non capisco come possa esserci questo scandalo». La dirigente scolastica Tiziana D'Agaro, rintracciata telefonicamente in serata dal cronista, non ha inteso rilasciare dichiarazioni».
Camilla De Mori
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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