LA STORIA
CODROIPO «Ormai l'Etiopia è casa mia». Lo sguardo pulito

Giovedì 5 Settembre 2019
LA STORIA
CODROIPO «Ormai l'Etiopia è casa mia». Lo sguardo pulito di Paolo Caneva, classe 1971, sembra passarti oltre e traguardare orizzonti lontani, quando lo dice. Nei suoi occhi, i 300 bambini della scuola cattolica di Goru, la sua missione, con cui collabora dal 2013, i sacerdoti indiani dell'Ordine dell'Imitazione di Cristo che ne tirano le fila, ma anche gli alunni della media di Codroipo che ogni anno raccolgono i fondi nei mercatini, per comprare le galline o costruire la stalla nel piccolo villaggio etiope. E, ne siamo certi, in quello sguardo, un posto di rilievo è per quella ragazza conosciuta dalle suore a Debre Markos, 15 anni fa, Shitaye, che era «solo un'amica» e poi invece «quando sono tornato, abbiamo approfondito l'amicizia. Ci siamo sposati. Ed è nata Teresa», cui si sono aggiunti altri quattro figli.
L'IDEA
E dire che, prima di partire come missionario laico per la prima volta, Paolo, nato e cresciuto a Codroipo, non avrebbe «mai immaginato» una simile svolta, che lo ha portato oggi a collaborare con la missione dei sacerdoti indiani e a vivere in pianta stabile ad «Addis» («È un inferno di traffico, ma c'è la scuola italiana per i miei figli»). Lavorava nel settore turistico. «Ho fatto tutta la trafila. Dopo il diploma in ragioneria nell'89 sono andato a lavorare a fare la stagione come lavapentole. Poi, a Gradiscutta, il titolare del ristorante mi ha detto: Sei giovane, vai in sala». Ed è iniziata la carriera, finita «alla reception dell'Hotel Friuli a Udine». Ma, confida, «ho sempre avuto il pallino del turismo». Che oggi è riuscito a conciliare con la sua seconda vita. E si è inventato «il turismo nelle missioni. È costruttivo per chi viene in Etiopia e vede uno stile di vita meno consumistico ed è molto utile per la missione in sé, perché porta conoscenza, alimenta il passaparola e, magari, può aiutare a trovare degli sponsor in Italia, ma anche a sensibilizzare l'opinione pubblica e i più giovani». L'idea è cresciuta pian piano. «Agli inizi, quando, dal 2006 al 2013, ero in Etiopia come missionario laico Fidei donum per la Diocesi di Udine per collaborare con il vescovo di Emdibir, con mia moglie gestivamo una foresteria in cui ospitavamo volontari ed altre persone. Ero già in contatto con qualche agenzia di viaggio che proponeva qualche giorno da noi. Ho sempre avuto il desiderio di unire le mie passioni: il turismo e le missioni». Poi, «nel 2017», il decollo. «Oggi organizziamo viaggi in cui tutti i soggiorni vengono fatti nelle missioni, da Goru a Zway a Nazareth. I turisti si appoggiano per la notte, per la colazione e la cena e poi di giorno vanno a fare le visite. Così hanno la possibilità effettiva di entrare in contatto con la comunità, mentre se fai turismo tradizionale vai in hotel e non ti rendi conto di come si vive. Grazie allo scambio con i missionari, poi, si può capire un po' di più la cultura locale». Caneva ha organizzato «una decina di viaggi di questo tipo, coinvolgendo 30-40 persone, quasi tutte del Nord Italia, molti veneti e friulani. L'ultimo gruppo quest'anno era di sette persone. Ma anche per chi viene a fare volontariato cerco di ritagliare un minitour per visitare parchi o laghi».
LA MISSIONE
Il suo impegno principale, però, resta Goru, a circa 140 chilometri a sudovest di Addis Abeba, a 1900 metri, dove «150 famiglie vivono di agricoltura di sussistenza, mettendo da parte quello che coltivano durante le piogge». «Per lavorare bene ho deciso di impegnarmi in una sola delle tre missioni gestite dai sacerdoti indiani. Li avevo conosciuti quando lavoravo come missionario laico per la Diocesi di Udine. Oggi collaboro con loro e mi occupo dei volontari e di trovare fondi da privati e associazioni. Abbiamo un bel progetto con una scuola di Codroipo, grazie ad un'insegnante di religione, Teresa Menegotto: con i mercatini e le iniziative in Friuli, riescono a raccogliere soldi per le missioni in Etiopia. Ogni anno decidiamo che progetto sostenere insieme: quest'anno si è deciso di cercare fondi per acquistare almeno 5 mucche. Una costa sui 350-400 euro. Due signore di Vicenza ci aiuteranno a costruire la stalla. Vogliamoi rendere più indipendente possibile la missione. Abbiamo comprato già 300 galline, che danno le uova per i bambini dell'asilo. Qui studiano in 300, fino alla quarta elementare. Ma non riusciamo a dare da mangiare a tutti. Vorremmo aprire la quinta, ma non sappiamo se avremo abbastanza fondi».
Camilla De Mori
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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