LA RIPRESA
TARVISIO Sarà il lockdown ormai infinito, sarà la voglia

Lunedì 4 Maggio 2020
LA RIPRESA TARVISIO Sarà il lockdown ormai infinito, sarà la voglia
LA RIPRESA
TARVISIO Sarà il lockdown ormai infinito, sarà la voglia di riappropriarsi degli spazi aperti, saranno le notizie su una gestione delle spiagge che non fa sorridere, ma giorno dopo giorno la voglia di montagna aumenta. Le passeggiate nei boschi, lungo i sentieri, verso quegli orizzonti che da normali sono diventati quasi miraggi. Con loro cresce anche l'attesa per capire come i rifugi alpini dovranno reinventarsi. «Dal 15 maggio mi trasferisco quassù e appena potrò vi accoglierò con gioia» ha raccontato in un video su Facebook Giorgio Da Rin, gestore del rifugio Pellarini. «Siamo pronti a fare tutti gli interventi per riaprire in sicurezza. La montagna vi aspetta e vi aspettiamo anche noi». Capire con esattezza cosa fare, questo è il dilemma di chi ha messo il proprio futuro in mano alla montagna. Come Valentina e Zeno Cecon, giovani fratelli che da qualche anno gestiscono il Di Brazzà. «Siamo appiedati da marzo. Siamo entrambi maestri di sci e causa virus abbiamo dovuto chiudere prima la stagione. Ora aspettiamo di riaprire il rifugio». Valentina, pur ottimista, non nasconde le difficoltà: la gestione dei pernottamenti per garantire il distanziamento sociale o la pressoché certa assenza di ospiti stranieri, ad esempio. «I pernottamenti sono la parte fondamentale del rifugio. Noi abbiamo tante famiglie e ci dispiacerebbe perdere questa fetta di ospiti. Se all'esterno grossi problemi non ce ne saranno infatti, a preoccuparci molto è l'interno a causa degli spazi ridotti». Per un rifugista, poi, avere o no il turista straniero può cambiare radicalmente le cose. Molto difficile che il vacanziere italiano, concentrato nei fine settimana e poco abituato a pernottare, possa sopperire alla mancanza di austriaci, tedeschi e sloveni. «Loro hanno una cultura alpinistica diversa dalla nostra. Evitano la montagna troppo affollata. Arrivano a giugno e poi tornano a settembre. Speriamo di poter lavorare con loro almeno in autunno».
CAI
A farsi carico di queste difficoltà ci ha pensato Vincenzo Torti, presidente Cai che ha proposto il ritorno al bivacco in tenda da fare nelle vicinanze dei rifugi. Non un campeggio libero però, in molte zone vietato, ma un pernottamento che sia alternativo ai cameroni ma con il rifugio come appoggio. «Era un'idea a cui avevo pensato - spiega Valentina - perché così si garantirebbero almeno le mezze pensioni. Inoltre si permetterebbe alle persone di vivere ugualmente la montagna, continuando a fornire i servizi su cui sono abituati a contare». L'apertura dei rifugi non si riduce solo a una mera questione economica, ma è fondamentale anche per il Soccorso Alpino. «Noi abbiamo avuto dipendenti che appartengono al Soccorso. Mio fratello stesso ne fa parte. Spesso è proprio grazie ai rifugi che si garantiscono tempi di intervento più rapidi». Anche la politica regionale è scesa in campo in favore della montagna. Come, ad esempio, il consigliere del Patto per l'Autonomia, Giampaolo Bidoli che in un'interrogazione ha chiesto quando i volontari del Cai potranno svolgere il lavoro di verifica e controllo sui sentieri per individuare le aree che richiedono manutenzione. Così, mentre tutti attendono risposte certe «alpinismo ed escursionismo sono attività ludico-ricreative o sportivo- motorie e i trasferimenti regionali sono consentiti?» o ancora «si può fare ristorazione da asporto?» ha chiesto Torti in una lettera inviata giovedì al premier Conte, il Cai ha deciso di dotare i suoi rifugi di un kit Covid composto da saturimetro, termometro a distanza e uno strumento di sanificazione da usare nelle zone comuni. Ora però tocca al Governo e visto che i rifugi non si possono preparare né in 24 ore né in una settimana, i gestori scalpitano. Perché se è vero che le montagne aspettano, la stagione estiva certamente no.
Tiziano Gualtieri
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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