L'INCHIESTA
TRIESTE «Nel nostro territorio non è mai accaduto un fatto

Mercoledì 19 Dicembre 2018
L'INCHIESTA TRIESTE «Nel nostro territorio non è mai accaduto un fatto
L'INCHIESTA
TRIESTE «Nel nostro territorio non è mai accaduto un fatto che vede sette arrestati con l'aggravante del metodo mafioso: ciò dà modo di pensare ad un'allocazione non temporanea di queste organizzazioni sul nostro territorio». Così il Procuratore capo della Repubblica di Trieste Carlo Mastelloni è intervenuto a margine della presentazione dell'operazione Piano B che ha portato all'arresto di sette persone accusate di estorsione aggravata dal metodo mafioso. «Piano piano ha aggiunto abbiamo una mappatura di carattere generale che ci può consentire di non parlare neanche più di infiltrazioni ma di insediamenti insidiosi» anche in Friuli Venezia Giulia.
La nota dolente è dovuta alla «carenza di numero sia della sezione della Dia di Trieste e del Ros che è allocato a Padova: sto auspicando un aumento numerico di queste forze che ormai sono indispensabili perché le mafie si muovono con un passo molto più veloce della magistratura. Abbiamo pochi mezzi e siamo dei garantisti per definizione: attraverso una serie di strumentazioni sappiamo che si muovono con velocità nell'azione di crimini e conseguimento di profitti illeciti. Gli stiamo dietro a stento». Prosegue Mastelloni: «La criminalità organizzata ha un sistema di marcia che non tollera vuoti e soste perché ad esempio deve alimentare le famiglie dei carcerati. Sono vere e proprie holding» dunque il problema è dovuto proprio all'esiguità delle forze in campo «che servono un territorio come il Friuli Venezia Giulia che è immenso rispetto alla composizione numerica di cui è dotata la Direzione investigativa antimafia e il Reparto operativo speciale dei carabinieri: auspico ha ribadito il Procuratore capo che in futuro, visto che queste inchieste iniziano ad andare avanti, che chi di dovere possa pensare ad allargare il campo di osservazione». Secondo Mastelloni «abbiamo un territorio minato da queste organizzazioni e con le nostre poche forze stiamo cercando di creare più focolai di inchieste che possano rendere ostensibile il meccanismo». Dunque una riflessione di tipo geografico: «Gli investimenti dei camorristi si estendono nelle località più rinomate della zona costiera: attraverso le intercettazioni si comprende come ogni giorno si inventino diverse maniere per investire in modo fraudolento. Galoppano rispetto alla nostra marcia che è regolare: corrono come pazzi». Tuttavia «la tecnologia ci viene incontro: abbiamo oggi strumentazioni tecniche ma loro si sono guadagnati gran parte del territorio di queste zone che adesso con pochi elementi dei reparti specializzati e con la volontà dei magistrati e delle forze ordine riusciamo decifrare ma ormai il territorio è compromesso». Ribadisce il Procuratore capo: «La criminalità organizzata corre mentre noi arranchiamo con i pochi mezzi che abbiamo. La richiesta è di accelerare i percorsi che portino ad incrementare la sezione della Dia e del Ros perché seguiamo un territorio enorme e costellato da località rinomate che fanno appetito e dove lo sviluppo può essere incisivo per chi viene dal Sud». Mastelloni definisce l'inchiesta «rilevante perché in tanti anni non si è mai verificato di sette arresti tutti aggravati dal metodo mafioso: è un segno importante di collocazione permanente sul territorio di forze che sono espressione di clan» che arrivano persino come in questo caso a minacciare di morte e ritorsione imprenditori locali, veneti e friulani con società in Croazia. «E' la ritualità degli investimenti da parte dei camorristi nel nostro territorio a preoccupare perchè vivono di questo: si presentano ai propri corregionali dicendo loro devi fare questo o devi comprare questo. In questo sta la diffusività e la gravità di questi fenomeni».
Elisabetta Batic
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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