L'accusa insiste: «Permessi viziati da tante illegalità macroscopiche»

Giovedì 16 Maggio 2019
I RETROSCENA
LIGNANO Secondo il giudice per le indagini preliminari che ha disposto il sequestro preventivo sia dell'ampliamento ad uso cucina, deposito e servizi igienici, una porzione del ristorante Al Cason di Lignano Riviera (ma il locale resta aperto), sia del resort Marina Azzurra, nel caso in esame - come si legge nel provvedimento - si evidenzierebbero, dagli atti del fascicolo del Pm, «elementi idonei a delineare con adeguato grado di precisione il richiesto fumus commissi delicti delle fattispecie ascritte». Secondo il gip, entrambi i permessi a costruire rilasciati a due società diverse per due opere diverse sarebbero stati viziati «da illegittimità macroscopica».
RISTORANTE
Secondo il giudice, il permesso rilasciato nel 2017 e firmato dal dirigente comunale coinvolto nell'indagine per l'ampliamento del ristorante di proprietà della Lignano Pineta spa sarebbe stato «affetto da violazioni di legge». Il gip ricostruisce la genesi di quell'atto: un iter che sarebbe stato costellato di pareri negativi da parte di altri funzionari e tecnici del Comune di Lignano. Negativo sarebbe stato il primo parere preventivo del giugno 2016, perché - fra l'altro - il piano attuativo vigente non avrebbe ammesso ulteriori ampliamenti e l'area era sottoposta a vincoli paesaggistico, idrologico e idrico. A ritenere inapplicabile il regime derogatorio perché l'intervento sarebbe stato in contrasto con la destinazione d'uso della zona era stato anche un altro tecnico, incaricato dell'istruttoria per la richiesta di permesso di costruire presentata a marzo 2017. Negativo anche il parere della rup. Ma, come emerge dal provvedimento del Gip, il dirigente finito nel mirino delle indagini, avrebbe redatto a maggio 2017 un proprio parere intitolato Riflessioni del dirigente, secondo cui invece la deroga alla legge regionale vigente sarebbe stata applicabile, «disponendo l'avocazione a sé del permesso di costruire», da lui rilasciato nel 2017. Un altro parere negativo, ai fini dell'autorizzazione prevista dal codice della navigazione, sarebbe stato espresso da una quarta funzionaria comunale, ma il dirigente alla fine avrebbe sottoscritto un parere favorevole.
MARINA
L'altro permesso a costruire finito nel mirino degli inquirenti è quello che riguarda la realizzazione di un marina resort e il recupero della darsena Marina Azzurra. Anche in questo caso, secondo l'accusa, il dirigente coinvolto nell'inchiesta avrebbe avocato a sé la pratica, dopo la richiesta presentata a giugno 2016 dalla Europa Group Re srl, «a fronte delle forti perplessità espresse» da un'altra funzionaria del Comune «in merito alla compatibilità delle opere con le previsioni del Piano di assetto idrogeologico». Il dirigente avrebbe dato il permesso a costruire «dopo soli due giorni». Il giudice rammenta che l'Autorità di bacino di Venezia aveva espresso parere negativo al progetto di dry marina nel 2016, evidenziandone la natura di struttura ricettiva non compatibile con il Pai. Il progetto, fra l'altro, prevedeva la realizzazione di vani tecnici interrati non consentiti in area fluviale in quanto ritenuti pericolosi in caso di esondazioni. Anche le house boat previste secondo la tesi dell'accusa sarebbero state «incompatibili» con il Pai. A testimonianza «dell'elevato grado di pericolosità delle opere», realizzate nell'immediata prossimità del fiume, il provvedimento del giudice trova riscontro nelle annotazioni dei Nas, che in occasione della piena del 30 ottobre 2018, infatti, hanno documentato il livello prossimo alla sommità degli argini raggiunto dal Tagliamento. «Il pericolo si deve ritenere ancor più elevato - scrive il giudice - per le 67 case galleggianti delle quali è previsto l'attracco diretto alla riva fluviale quanto meno nel periodo da aprile a ottobre».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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