INDAGINI
PORDENONE Marius Lucian Haprian ha raccontato la sua verità sull'assassinio

Giovedì 11 Ottobre 2018
INDAGINI PORDENONE Marius Lucian Haprian ha raccontato la sua verità sull'assassinio
INDAGINI
PORDENONE Marius Lucian Haprian ha raccontato la sua verità sull'assassinio del 48enne sacilese Alessandro Coltro. Si è difeso raccontando che voleva fare soltanto una rapina, che Coltro ha reagito e lui, temendo che avesse portato con sè un'arma, ha sparato. «Legittima difesa», afferma l'avvocato Antonio Favruzzo che lo ha assistito durante la confessione resa al sostituto procuratore Monica Carraturo e successivamente al gip Rodolfo Piccin. Ieri, alla luce della confessione-bis, il procuratore Raffaele Tito e il pm Carraturo si sono confrontati con i carabinieri del Reparto operativo di Pordenone, che assieme ai colleghi del Nucleo operativo di Sacile hanno risolto il caso nel giro di una decina di giorni. È stato fatto il punto sulle indagini. E sono stati disposti nuovi accertamenti per cercare riscontri alle dichiarazioni del pizzaiolo romeno che si trova in carcere con l'accusa di omicidio premeditato, rapina e porto di arma clandestina.
Saranno ascoltate nuovamente alcune persone già sentite a sommarie informazioni nelle fasi iniziali delle indagini e altre saranno convocate per la prima volta. C'è poi il capitolo delle perizie, a cominciare da quella balistica. Ai carabinieri del Ris di Parma saranno inviate la pistola Beretta calibro 22 con matricola abrasa che Haprian sostiene di aver acquistato genericamente a Napoli. Ci sono bossoli e ogive dei quattro colpi sparati contro la vittima (tutti in testa). E c'è il silenziatore. Bisognerà accertare se la sera del delitto Haprian lo aveva montato e se vi sono tracce di residui degli spari. Lui sostiene che aveva solo l'arma. Lo dice perchè è consapevole che l'aggravante della premeditazione è stata contestata anche per via del silenziatore?
La Procura vuole accertare ogni indicazione fornita da Haprian e, soprattutto, verificare se il pizzaiolo copre qualche complice. L'uomo, laureato in Psicologia, due anni trascorsi nella Legione straniera, potrebbe avere contatti in ambienti malavitosi. Del resto è riuscito a procurarsi una pistola a Napoli, pistola che poi ha avuto cura di seppellire sotto 30 centimetri di terra avvolgendola in un panno e infilandola in un sacchetto di plastica affinchè non si arrugginisse. Gli investigatori non credono nemmeno all'affare del Rolex. La testimonianza del commerciante di Sacile è stata convincente. È stato il primo a essere convocato in caserma dopo la scoperta dell'omicidio. L'uomo, dopo aver consegnato 15 mila euro all'amico Coltro convinto che li avrebbe scambiati con banconote di grossa taglia dietro un compenso di mille euro, non vedendo tornare il 48enne sacilese, era tornato a casa. Da Sacile ha cominciato a contattarlo telefonicamente. Una, due, tre volte. Poi ha continuato senza mai ricevere risposta per tutta la notte. Sono state le sue chiamate ad attirare l'attenzione dei carabinieri. È stato lui, con la sua collaborazione, a mettere gli inquirenti sulla giusta pista.
Cristina Antonutti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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