IL FENOMENO
UDINE Vedove, single, divorziati, disoccupati. E, soprattutto, tante donne. Sono loro quelle che più di altri devono fare i conti con la solitudine. Lo dicono i dati raccolti a Ruda grazie ad un progetto dedicato a questo fenomeno insidioso, per capirne le origini e trovare delle soluzioni. Secondo la ricerca, infatti, le signore o signorine sono le più sole: la solitudine attanaglia il 19,5 per cento delle donne contro l'8,6% degli uomini e colpisce in modo più forte il gentil sesso, con un punteggio medio dei valori di scala Ucla che raggiunge il 32,3 contro il 28,7 dei maschi. Fra le persone a maggior rischio solitudine ci sono poi quelle di mezza età fra i 40-44 anni (una fascia in cui si concentra un'alta percentuale di divorzi) oppure gli anziani fra i 70 e i 75 anni, perché è in questo range che più spesso un coniuge si trova a fare i conti con la vedovanza.
Rischia, va da sé, chi non ha un compagno o una compagna con cui abitare e vive da solo. Rischiano i single, oltre che chi ha perso il compagno o la compagna della vita. La solitudine, male silenzioso, attanaglia una persona su cinque. A Ruda, secondo la ricerca, le persone a rischio stanno in una forbice percentuale fra l'11 e il 20 per cento della popolazione residente fra i 35 e i 76 anni: una percentuale che corrisponde ad un numero stimato compreso fra le 180 e le 340 persone. Secondo l'indagine, a soffrire di solitudine non sarebbero solo gli adulti e gli anziani (che erano il target della ricerca), ma anche i giovani. Un aspetto che, come rileva il report finale, «viene rimarcato sia dai risultati del questionario sia dalle interviste e dai focus». Insomma, «la solitudine è un problema intergenerazionale». Chi è a rischio, di solito, ha meno possibilità di frequentare altre persone, dà meno fiducia, magari trascorre il tempo libero cliccando in rete e usando i social piuttosto che andare al bar del paese o praticare uno sport. Secondo la ricerca, una delle chiavi per aiutare le persone sole ad «uscire dal guscio» è la fiducia nell'altro, con un avvicinamento «graduale e discreto». E poi aiuta «la promozione della gentilezza», che dovrebbe coinvolgere cittadini, gestori di locali e negozi e amministratori. Inoltre, la ricerca suggerisce la solidarietà con chi si trova in difficoltà: ma essere solidali «non è un'azione automatica, ma richiede un'educazione a priori, familiare e culturale». Più dibattuta la questione della partecipazione, almeno a Ruda, con pareri «variegati e a volte antitetici». Contro la solitudine il paese della Bassa si è dato da fare, attivando degli antidoti con il progetto ViviRuda, sfociato ora in una mostra itinerante dedicate a luoghi e persone della comunità (che sarà ospitata in 15 fra bar e negozi). Fra le iniziative anche i gruppi di cammino e Un tè da me, per favorire l'incontro fra vicini.
Cdm
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© RIPRODUZIONE RISERVATA UDINE Vedove, single, divorziati, disoccupati. E, soprattutto, tante donne. Sono loro quelle che più di altri devono fare i conti con la solitudine. Lo dicono i dati raccolti a Ruda grazie ad un progetto dedicato a questo fenomeno insidioso, per capirne le origini e trovare delle soluzioni. Secondo la ricerca, infatti, le signore o signorine sono le più sole: la solitudine attanaglia il 19,5 per cento delle donne contro l'8,6% degli uomini e colpisce in modo più forte il gentil sesso, con un punteggio medio dei valori di scala Ucla che raggiunge il 32,3 contro il 28,7 dei maschi. Fra le persone a maggior rischio solitudine ci sono poi quelle di mezza età fra i 40-44 anni (una fascia in cui si concentra un'alta percentuale di divorzi) oppure gli anziani fra i 70 e i 75 anni, perché è in questo range che più spesso un coniuge si trova a fare i conti con la vedovanza.
Rischia, va da sé, chi non ha un compagno o una compagna con cui abitare e vive da solo. Rischiano i single, oltre che chi ha perso il compagno o la compagna della vita. La solitudine, male silenzioso, attanaglia una persona su cinque. A Ruda, secondo la ricerca, le persone a rischio stanno in una forbice percentuale fra l'11 e il 20 per cento della popolazione residente fra i 35 e i 76 anni: una percentuale che corrisponde ad un numero stimato compreso fra le 180 e le 340 persone. Secondo l'indagine, a soffrire di solitudine non sarebbero solo gli adulti e gli anziani (che erano il target della ricerca), ma anche i giovani. Un aspetto che, come rileva il report finale, «viene rimarcato sia dai risultati del questionario sia dalle interviste e dai focus». Insomma, «la solitudine è un problema intergenerazionale». Chi è a rischio, di solito, ha meno possibilità di frequentare altre persone, dà meno fiducia, magari trascorre il tempo libero cliccando in rete e usando i social piuttosto che andare al bar del paese o praticare uno sport. Secondo la ricerca, una delle chiavi per aiutare le persone sole ad «uscire dal guscio» è la fiducia nell'altro, con un avvicinamento «graduale e discreto». E poi aiuta «la promozione della gentilezza», che dovrebbe coinvolgere cittadini, gestori di locali e negozi e amministratori. Inoltre, la ricerca suggerisce la solidarietà con chi si trova in difficoltà: ma essere solidali «non è un'azione automatica, ma richiede un'educazione a priori, familiare e culturale». Più dibattuta la questione della partecipazione, almeno a Ruda, con pareri «variegati e a volte antitetici». Contro la solitudine il paese della Bassa si è dato da fare, attivando degli antidoti con il progetto ViviRuda, sfociato ora in una mostra itinerante dedicate a luoghi e persone della comunità (che sarà ospitata in 15 fra bar e negozi). Fra le iniziative anche i gruppi di cammino e Un tè da me, per favorire l'incontro fra vicini.
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