IL CASO
UDINE «Se non troviamo gente da assumere, finirà che dovremo

Mercoledì 19 Dicembre 2018
IL CASO
UDINE «Se non troviamo gente da assumere, finirà che dovremo chiudere i negozi. Queste persone ci servono per tenere aperti gli spacci. Abbiamo bisogno di 6-7 addetti alle vendite, un macellaio, un magazziniere, ma non riusciamo a trovarli». Non scherza, Renato Zampa, consigliere Cospalat. Certo, l'eventualità di una chiusura è lontana, ma la preoccupazione è vicinissima e tangibile. «Abbiamo dieci spacci, di cui 8 in provincia di Udine, che per adesso non sono scoperti, ma abbiamo persone che ci mettano un po' di stimolo, di voglia di fare, di competenza. Invece, succede che un cliente ci riferisca che un'addetta alle 12.40, quando la chiusura era alle 13, magari dica torni il pomeriggio, ora non riesco a servirla. Se non troviamo gente appassionata, non si riesce a tenere aperto. Serve passione, sacrificio e disciplina». «Il problema - gli fa eco il presidente Edi Sist, di San Quirino - è il turnover. I ragazzi si stufano, non finiscono neanche il periodo di prova. I giovani, alla prima difficoltà, se ne vanno. Evidentemente, i ragazzi friulani hanno a casa dei genitori che, anche se non va bene, li sostengono. All'epoca mia, o portati a casa la paga o non ti mantenevi». Un po' troppo pasciuti, come si direbbe in friulano? «Sicuramente, un po' di responsabilità è dei genitori, che li tengono troppo nella bambagia: magari hanno provato le difficoltà sulla loro pelle e vogliono evitarle ai loro figli». Invece «con gli stranieri di solito non c'è questo problema», dice Sist, che in azienda, su 5 dipendenti ne conta 4 di altri Paesi. «Non mettono condizioni. Non ci può lamentare poi che rubino il lavoro agli autoctoni: i ragazzi friulani vogliono tutto precotto, invece bisogna impegnarsi. Ci vuole fatica». Ed invece, «ormai è difficile trovare anche veterinari che lavorino sul territorio: sono pochissimi, tutti vogliono andare in ufficio. Non vogliono sporcarsi le mani. Ormai i giovani friulani hanno l'attrazione per il lavoro comodo, perché a casa hanno le spalle coperte».
L'APPELLO
Zampa lancia una sorta di appello alla ricerca di persone motivate. «Stiamo cercando 6-7 addetti alle vendite ma non li troviamo. Abbiamo avuto difficoltà a reperire un macellaio e quello che abbiamo trovato è part time. Avremmo bisogno di un magazziniere. Cercavamo un laureato in tecnologia alimentare, abbiamo chiesto all'università, ma ci hanno risposto che per privacy non possono mandarci un elenco dei neolaureati. Ho provato tramite alcuni docenti che conoscono ad avere dei nomi, ma poi uno deve fare l'anno sabbatico, l'altro deve partire per vedere il mondo... Ora stiamo provando una ragazza. È una situazione drammatica: ma non siamo i soli, lo sento dire da tantissimi imprenditori». Ma come si spiega questo con la fame di lavoro di cui tutti si lamentano? Zampa risponde con degli esempi: «Dopo tre settimane di prova, un giovane magazziniere ha detto che per lui era troppo impegnativo e se n'è andato. Troppo stressante fare un orario dalle 8 alle 12 e dalle 13 alle 17, capisce? La maggior parte chiede di fare 20 ore, anche se da noi l'orario viene fatto una settimana per l'altra, quindi c'è sempre la possibilità di fare degli scambi». Eppure, resta la fatica di trovare chi si candidi ad un'assunzione. Perché, assicura Zampa, «noi saremmo pronti ad assumerli dopo un periodo di prova, ma non troviamo chi sia disposto a fare 40 ore a settimana per 1.300-1400 euro al mese, a regime. Intendiamoci: 14 mensilità. E la domenica la retribuzione è del 30% in più». Uno stipendio «più che dignitoso, da contratto». Eppure. «Abbiamo cercato in tutti i modi: ho centinaia di curriculum e abbiamo fatto colloqui a go-go. Ma quando gli dici che devono lavorare anche sabato e domenica, rispondono che è troppo impegnativo».
Camilla De Mori
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci