IL CASO
UDINE Ancora è rimasta «senza nessuna risposta dalla Regione»

Sabato 21 Settembre 2019
IL CASO
UDINE Ancora è rimasta «senza nessuna risposta dalla Regione» la lettera-appello inviata a inizio settembre da una ventina di familiari di altrettanti malati di Alzheimer che ogni giorno frequentano il centro diurno dell'azienda pubblica di servizi alla persona Giovanni Chiabà di San Giorgio di Nogaro. Al centro della missiva l'interruzione del servizio di trasporto che, con un pullmino, con un contributo minimo da parte dei familiari grazie ad un sostegno pubblico, ogni giorno andava a prendere a casa i malati per portarli nella struttura (dove trascorrono diverse ore, dalle 8.30 fino alle 17.30) e poi, la sera, li riaccompagnava nella loro abitazione. «Due settimane fa - riferisce un referente dei familiari - abbiamo inviato una lettera per segnalare la situazione e chiedere un intervento al vicepresidente della Regione Riccardo Riccardi e, per conoscenza, al sindaco di San Giorgio Roberto Mattiussi e alle referenti dell'ambito Agro Aquileiese e dell'ambito distrettuale di Latisana. Ma non abbiamo ricevuto nessuna risposta, né per comunicarci la lettura della mail né per dimostrarci il minimo interesse. Siamo molto delusi e amareggiati. Ci saremmo aspettati almeno una risposta per cortesia». Nella missiva chiedevano a Riccardi di «non dimenticare i nostri ammalati e di non abbandonare le famiglie che giornalmente lottano per la dignità dei loro cari tentando di ostacolare con l'amore e la caparbia l'oblio della malattia mentale». Ma, assicura, «non siamo disposti a mollare. Adotteremo ulteriori azioni di pressione per sensibilizzare l'opinione pubblica e le istituzioni alla nostra causa di civiltà e umanità».
I PASSAGGI
«Il centro è attivo dal 2016. Fino ad aprile scorso il trasporto era a carico esclusivo delle famiglie - prosegue il familiare -. Da aprile, per tre mesi, in via sperimentale, il costo per le famiglie è stato di due euro al giorno. Da agosto è stato portato a 8 euro al giorno e poi interrotto dal primo settembre». Come riassumevano nella lettera spedita il 2 settembre a Riccardi, era stato il centro diurno ad informare le famiglie che con settembre il servizio di trasporto sarebbe stato «sospeso per ragioni economiche». «Sembra - scrivevano nella mail inviata al vicegovernatore - che l'amnesia che affligge i nostri cari pervada anche l'amministrazione regionale, che si è dimenticata di manifestare la propria intenzione in merito al bando regionale per il trasporto disabili al quale il centro aveva concorso. Anche l'ambito Riviera Bassa friulana e Agro Aquileiese hanno negato il loro sostegno finanziario per assenza di risorse». L'idea di farsi carico per intero del costo del trasporto «sarebbe stato un salasso per ogni famiglia, insostenibile», riferisce il referente dei familiari. Come era riassunto nella lettera mandata al vicegovernatore, «la demenza è una malattia scomoda e terribile, che colpisce per lo più persone anziane, la cui cura è demandata all'affetto e alle mani pietose delle famiglie, ma anche ai loro portafogli, a cui attingono generosamente per pagare colf e badanti». Per questo, sobbarcarsi interamente il costo del trasporto con il pullmino sarebbe stato per i familiari «troppo oneroso» e li avrebbe costretti a rinunciare «all'aiuto prezioso del centro diurno Alzheimer». Alla fine, molti hanno dovuto arrangiarsi, facendo dei sacrifici per accompagnare di persona i loro cari, oppure si sono affidati ai servizi garantiti (ma solo per alcune zone) da altre associazioni. Il tutto a ridosso della Giornata mondiale dell'Alzheimer, che sarà celebrata il 25 settembre a Udine alla Fondazione Friuli, per un evento organizzato dall'associazione Alzheimer Udine onlus in collaborazione con 50&Più di Udine. A promettere un pressing per arrivare una soluzione è Guido De Michielis: «Assieme alla collega Dorotea De Pauli porterò il problema all'attenzione del coordinamento delle associazioni che si occupano di Alzheimer, di cui faccio parte. Cercheremo di sensibilizzare la Regione perché dia una risposta a queste persone».
Camilla De Mori
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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