Patto finanziario, con la rinegoziazione si verserà allo Stato 142 milioni in meno

Venerdì 11 Gennaio 2019
IL PERCORSO
TRIESTE «Abbiamo cominciato un percorso serio» e «stiamo andando avanti». E poi: «quanto iniziato mi fa essere ottimista», poiché l'obiettivo è «stabilizzare e magari migliorare» per gli anni successivi al 2019 il «successo» ottenuto per l'anno in corso, che consentirà al Friuli Venezia Giulia «di pagare 142 milioni di euro in meno allo Stato rispetto ai Patti finanziari conclusi in precedenza». Il governo regionale, infatti, «è riuscito a bloccare il rinnovo delle varie misure Monti, Renzi, Gentiloni». Così il presidente della Regione, Massimiliano Fedriga, ha spiegato in una diretta Facebook il senso e i risultati del primo incontro svoltosi ieri al tavolo istituito a palazzo Ghigi per giungere alla rinegoziazione dei Patti finanziari fra Stato e Regione, tema vitale per le casse regionali, al fine di mantenere viva l'autonomia, e di avere migliori margini di manovra per le politiche a favore del territorio e del suo sviluppo. Relativamente ai contenuti dell'incontro in sé - al quale erano presenti anche il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti, il ministro per le Autonomie regionali, Erika Stefani e l'assessore regionale alle Finanze Barbara Zilli Fedriga non ha fornito dettagli, salvo assicurare la platea «sull'impegno che mi prendo: ogni cosa che farò, la farò a favore della mia gente. Io sono prima di tutto il governatore del Friuli Venezia Giulia e qualcun altro deve vergognarsi di aver svilito così questa terra». In un sol colpo, perciò, il presidente ha tuonato contro la sua predecessora, Debora Serracchiani, senza nominarla ma considerandola rea di aver stilato Patti «vergognosi» con lo Stato, e ha indirettamente ammesso trattarsi di confronto con lo Stato tutt'altro che facile. Un concetto, quest'ultimo, per altro esplicitato in altri passaggi, affermando di essersi trovato in una situazione «complicata» e che il confronto «naturalmente non sarà semplicissimo». Confermato poi che al 31 gennaio non scatterà alcuna spada di Damocle per chiudere la trattativa (tale data è perentoria per i rapporti finanziari relativi al 2019, per i quali però la Regione considera di avere già ottenuto), il presidente ha detto di stare lavorando ora per gli anni futuri, cercando di «fare presto» e il «meglio possibile». Andrà a fare il punto in Consiglio regionale «quando avrò un piano serio» e, al Pd che ieri quasi in contemporanea all'incontro romano ha tenuto una conferenza stampa per denunciare l'ancora nulla di fatto sulla rinegoziazione del Patto, ha detto a distanza «di non accettare lezioni da chi ha svenduto gli interessi della Regione» e ha ricordato che il Patto precedente, siglato da Serracchiani, «è stato sottoscritto senza andare in Consiglio» Quanto ai 142 milioni che il Friuli Venezia Giulia non verserà alle casse statali nel corso di quest'anno, il presidente, nel ritenerlo un «risultato enorme» ottenuto «senza accordi» e senza «prendersi impegni per fare ricorso alla Corte costituzionale», ha evidenziato come la cifra sia il risultato per aver «bloccato il rinnovo delle varie misure dei governi Monti, Renzi, Gentiloni. Li abbiamo fermati», ha affermato, e l'opposizione «non si è nemmeno resa conto che dovrebbero dire grazie per quello che è stato fatto». In sostanza, ha riassunto, «il lascito della Giunta Serracchiani per il 2018 era di 858,1 milioni di euro che l'Fvg doveva dare allo Stato, mentre ora dovremo 715,9 milioni, cioè 142,2 milioni in meno a favore della Regione». Da qui in avanti le energie sono concentrate per risultati finanziari a valere sul 2020 e sugli anni seguenti, attraverso un confronto con lo Stato che Fedriga ha definito anche «di giustizia», per una «Regione che ha dato moltissimo negli ultimi anni, molto di più delle altre». Se ci sarà bisogno di fare ricorsi, ha concluso, «li farò davanti alla Corte costituzionale» e «non guarderò in faccia a nessun Governo», ma «guarderò gli interessi della nostra gente».
Antonella Lanfrit
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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