Contributi Ue non dovuti, dovrà risarcire 28mila euro

Domenica 19 Maggio 2019
IL CASO
UDINE (cdm) Una vicenda complessa, in punta di diritto. L'epilogo è (per ora) che una 63enne di Buja, per aver percepito contributi comunitari per poche centinaia di euro da un fondo che, secondo la Procura della Corte dei conti, non avrebbe legittimamente detenuto nel periodo fra il 2010 e il 2013, ora è stata condannata dalla magistratura contabile a pagare oltre 28mila euro, perché il regolamento in vigore prevede «un limite di tolleranza delle estensioni non correttamente denunciate» dello 0,5% del totale, superato il quale scatta la restituzione integrale dei contributi. E visto che, come ricostruito dalla sentenza appena depositata, nel caso della signora, lo scostamento fra la superficie «irregolarmente inserita» e quella complessivamente dichiarata sarebbe andato da un minimo dell'1,95% (2011) ad un massimo del 3,09% (2010), le è stata imposta la restituzione integrale di 28.040,42 all'Agea.
LA DIFESA
Il difensore di G.C., Andrea Dri, fa sapere che «devo ancora leggere la sentenza. Valuterò con la mia assistita come procedere, ma penso che la impugneremo. La sanzione è fuori dall'ordinario. In altre situazioni, la Corte ha riconosciuto l'inesistenza del dolo e ha attenuato la richiesta risarcitoria». L'avvocato ricorda che, sul caso, c'era stata una procedura penale, chiusa con una sentenza ai sensi dell'articolo 131 bis, (non punibilità per particolare tenuità del fatto) e che «Agea, interessata della questione, aveva dichiarato di aver subito un danno per 775,74 euro, importo che la signora ha pagato». Tutto nasce da un'indagine delle Fiamme gialle a livello nazionale. In Friuli, fra le pratiche finite nel mirino dei finanzieri era stata esaminata anche quella dell'anziana di Buja. Secondo la Finanza, infatti, la signora avrebbe irregolarmente inserito nelle domande per i contributi un terreno a Buja «pur in mancanza di un valido titolo di conduzione». Questo perché la signora indicata da G.C. «nella denuncia cumulativa di contratto verbale di affitto presentata il 24 febbraio 2010 quale comproprietaria concedente» secondo l'accusa «risultava già deceduta alla data della presunta stipula» di questo atto. L'avvocato Dri aveva però sostenuto che il contratto di affitto sarebbe stato stipulato negli anni 90, prima della morte della comproprietaria, e che, visto che «non c'era mai stata la disdetta del contratto verbale storico» si sarebbe rinnovato per altri 15 anni. Non solo. «La mia assistita ha sempre continuato a coltivare quel terreno, anche nel periodo in esame, come dichiarato anche dal nuovo conduttore a processo». La difesa aveva anche sostenuto che la morte della comproprietaria non sarebbe avvenuta due mesi prima della stipula del contratto, come sostenuto dai finanzieri, ma due mesi prima della decorrenza dei suoi effetti. Ma secondo la Corte dei conti, che ha respinto l'eccezione di prescrizione e quella di incompetenza territoriale sollevate dal difensore, «l'asserzione difensiva secondo cui il perfezionamento del contratto e la decorrenza dei suoi effetti si collocherebbero in momenti cronologicamente distinti non ha trovato il conforto di indicazioni certe». Inoltre, per il Collegio, dalle testimonianze al processo penale emergerebbe che G.C «fu tempestivamente informata che dal 2010» il fondo era stato affittato ad un altro. Secondo la Corte la signora avrebbe «beneficiato di aiuti comunitari pur non essendo in possesso, dal 2010, di un valido titolo di conduzione».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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