Gaiatto e la maxi truffa la camorra c'era davvero

Mercoledì 19 Dicembre 2018
L'INCHIESTA
PORDENONE Quelle che erano ipotesi investigative sono diventate realtà: il clan dei casalesi irrompe nell'inchiesta sulla maxi truffa del trader portogruarese Fabio Gaiatto. «Si tratta di due filoni diversi - ha precisato ieri mattina il procuratore pordenonese Raffaele Tito -, seppur connessi tra loro; ma voglio sottolineare che in questi mesi abbiamo sempre collaborato con Trieste». L'operazione Piano B, illustrata ieri mattina dal procuratore Carlo Mastelloni e dal caposezione della Dia triestina , ha portato all'arresto di sette persone, tra le quali lo stesso Gaiatto (raggiunto dall'ordinanza in carcere, dove si trova da settembre per una maxi truffa ai danni di centinaia di piccoli e grandi risparmiatori). Gli indagati dovranno rispondere a vario titolo di aver partecipato a estorsioni commesse in Croazia e pianificate in Italia, aggravate dal metodo mafioso e dalla transnazionalità del reato, e finalizzate a favorire gli interessi del clan dei casalesi. E non c'è dubbio che quelli usati sono metodi tipici delle organizzazioni criminali: gli indagati mostravano agli imprenditori che vantavano crediti foto dei loro familiari. Un segnale chiaro. Tanto bastava a farli rinunciare al dovuto e persino a cedere beni mobili e immobili a un intermediario finanziario il quale li girava a sua volta ai camorristi.
LE ORIGINI DELL'INDAGINE
I filoni dell'inchiesta sono due e, come detto dal procuratore Tito, diversi tra loro. Il denominatore comune è Fabio Gaiatto, il 48enne di Portogruaro arrestato dalla Guardia di finanza per aver truffato tantissime persone, tra le quali centinaia di pordenonesi che gli avevano affidato i risparmi di una vita, piuttosto che il tfr o l'eredità, convinti di essersi affidati a una sorta di re Mida. Gaiatto aveva creato una società, la Venice Investement Group, attraverso la quale transitavano i soldi delle sue vittime. La Procura pordenonese sostiene che Gaiatto and Company abbiano raccolto abusivamente 72,6 milioni di euro, distribuito 4,7 milioni di provvigioni e restituito solamente 28,9 milioni ai clienti della Venice. Pesanti che accuse che il procuratore Tito e il sostituto Monica Carraturo hanno mosso nei loro confronti: associazione a delinquere, truffa aggravata, autoriciclaggio ed esercizio abusivo di attività di gestione del risparmio. Per attrarre gli investitori, Gaiatto e i suoi complici offrivano investimenti nel mercato Forex a rendimento immediato e altissimo. Un paradiso terrestre per chi voleva soldi facili e subito, dietro al quale si celava però una delle più grandi truffe mai organizzate in Italia. I capitali raccolti non sono infatti stati investiti ma utilizzati, in parte per remunerare gli investimenti più risalenti, in parte versati in conti correnti italiani e stranieri che facevano riferimento agli indagati. E questo raggiro è durato due anni: dal 2016 al 2018.
I CASALESI
Ma nell'inchiesta spunta fuori anche la possibilità di infiltrazioni camorristiche negli affari di Gaiatto. Il trader portogruarese all'inizio dell'anno tesse legami con un buttafuori poi arrestato perchè sospettato di essere un esattore del clan dei casalesi. Si tratta di Gennaro Celentano, 34enne di Napoli, una delle sette persone raggiunte ieri dall'ordinanza cautelare. Era stato lo stesso Gaiatto, nell'interrogatorio del 27 aprile scorso davanti al procuratore Tito e al sostituto Carraturo, a raccontare di aver prima usufruito di professionisti per recuperare i soldi finiti in Croazia e poi di Celentano. dall'inchiesta della Dia triestina è emerso che i casalesi avevano assicurato protezione al trader portogruarese, proteggendolo da eventuali ritorsioni dei creditori, facendo quotidianamente la guardia davanti alla villa di Giatto e accompagnandolo quando si spostava.
Susanna Salvador
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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