Fedriga al fianco degli esercenti ma non strappa sugli orari

Giovedì 29 Ottobre 2020
Fedriga al fianco degli esercenti ma non strappa sugli orari
IL SIT-IN REGIONALE
TRIESTE Ci sono i giovanissimi chef della scuola triestina di cucina. Hanno dai 16 ai 19 anni. Tutti reggono cartelli che chiedono una sola cosa: lavoro, non sussidi. Ci sono camerieri in divisa, titolari di bar e ristoranti, anche dei più rinomati della città vecchia. «Siamo lavoratori, non untori», recita un cartonato che veste letteralmente un barista della zona di Cavana, cuore della movida triestina. Due ragazze, appoggiate a uno dei lampioni di piazza Unità, singhiozzano. Poi piangono davvero. Non sono in favore di telecamera, non c'è show. Quelle lacrime sono vere. «Il nostro titolare ci ha licenziate, lavoriamo solo di sera, abbiamo entrambe 20 anni. Non vediamo futuro, forse dovremo pensare ad altro per vivere». Sono le voci della prima protesta regionale contro il Dpcm che ha chiuso palestre e piscine, limitando l'orario di bar e ristoranti alle 18.
IL PRESIDIO
La manifestazione indetta dalla Fipe regionale, a cui hanno aderito anche Confcommercio, Confartigianato e Confindustria, è iniziata alle 11.30 di ieri con in faccia l'Adriatico, sotto un sole che sinistramente ricordava quello della scorsa primavera. La pavimentazione della piazza è stata trasformata in un ristorante sotto il cielo. Camerieri e baristi hanno steso delle tovaglie bianche, apparecchiandole con piatti, posate e bicchieri. Poi i manifestanti muniti di cartelli di protesta si sono seduti - a distanza di sicurezza - e lì sono rimasti per più di un'ora. Ognuno comunicava un messaggio: «Cinquantamila imprese a rischio chiusura», «Siamo a terra», altri invece ricordavano solo la propria professione: camerieri, lavapiatti, operatori dei locali notturni, cuochi, baristi. Tanti anche i rappresentanti del Friuli e del Pordenonese, con ristoratori e baristi arrivati in pullman a Trieste già dal primo mattino.
NUMERI E RICHIESTE
Dalle circa 200 persone della primissima fase della manifestazione, piazza Unità entro mezzogiorno ha accolto quasi 600 lavoratori. Presidiata dalle forze dell'ordine, l'area non ha visto alcun incidente, come invece era accaduto lunedì sera, quando pochi scalmanati avevano lanciato dei fumogeni verso la Prefettura. Ieri il corteo statico era composto solamente da professionisti del settore della ristorazione. Nessun infiltrato. «Abbiamo sempre rispettato le regole - spiega Bryan Furlani, cuoco ventenne di Trieste -, chiediamo di poter tenere aperti i ristoranti almeno sino alle 22. Agli stagisti, più giovani di me, cosa posso insegnare se non lavoriamo più? Temiamo di fermarci del tutto e di vedere il nostro futuro tagliato in due». Nessuno pronuncia quella parola - lockdown - ma è ovvio che il pensiero vada a finire lì. Chi protestava ieri in piazza ha paura che lo stop imposto domenica possa essere solo un antipasto, per restare in tema. «Andremo fino a Roma, questa sarà solo la prima manifestazione. Andremo avanti sino a quando verremo ascoltati», hanno ribadito alla folla i rappresentanti delle categorie. Sulle Rive intanto il traffico andava via solito e rapido. Ma qualcuno, vedendo la piazza occupata ha suonato il clacson. Il massimo della solidarietà in tempi di distanziamento.
IL GOVERNATORE
«Chiediamo una tabella di marcia per le chiusure, basata su dati certi. Stabiliscano un limite di contagi, oltre il quale scatta la serrata. Lavoriamo assieme, ma non neghiamo il futuro». Il presidente del Fvg, Massimiliano Fedriga, conclude con queste parole il suo breve discorso di fronte ai manifestanti di Trieste. Conferma che non strapperà - almeno non subito - e che la Regione non partorirà ordinanze o leggi locali. «Vogliamo convincere il governo a rivedere il Dpcm, a riaprire palestre e piscine, a spostare in avanti (si parla delle 22, ndr) l'orario di chiusura dei locali. La battaglia si vince se tutti remano nella stessa direzione, per questo come Conferenza delle Regioni abbiamo stilato delle proposte responsabili. Non giochiamo sulla pelle di chi soffre: voglio certezze, non ordinanze che possono durare al massimo una giornata per poi subire l'impugnativa e risultare nulle».
OSARE DI PIÙ
Ma c'è una fetta della piazza che proprio a Fedriga ha chiesto di più. Sono molti ristoratori e baristi, ma anche esponenti del mondo delle categorie e della politica. «Dobbiamo far togliere il Dpcm - dice schietto il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza. Non c'è più credibilità in chi ci governa a livello nazionale. Ho visto persone piangere, è inaccettabile. Si percorrano tutte le strade». «Alla Regione chiediamo maggiore pressione», dice invece Bruno Vesnaver, numero uno della Fipe regionale. «Con il virus dobbiamo convivere - è la risposta di Giovanni Da Pozzo (Confcommercio Udine e Pordenone) ma sappiamo anche che aprire da soli non è la soluzione». Una puntura arriva anche dai coordinatori friulani di Italia Viva: «Non è un mistero che Italia Viva abbia già manifestato la necessità di rivedere il Dpcm, ma in ambito regionale chiede a Fedriga di utilizzare le prerogative del suo ruolo di presidente di una Regione autonoma, rivendicando la possibilità di decidere sulla parziale o totale riapertura delle attività culturali, sportive e di ristorazione». Fedriga ha risposto chiedendo la collaborazione di tutte le opposizioni. Anche Confartigianato chiede più autonomia per le Regioni. Infine la Cgil regionale, che invece ha stigmatizzato la presenza del presidente alla manifestazione.
Marco Agrusti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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