IL RICORSO
TRIESTE Le misure cautelari per le estorsioni croate agli ex collaboratori della Venice Investment Group sono otto, ma soltanto due sono le posizioni su cui è chiamato a esprimersi il Tribunale del Riesame di Trieste. Alcuni indagati ieri hanno rinunciato al ricorso. Soltanto le difese del portogruarese Fabio Gaiatto, 43 anni, e di Francesco Salvatore Paolo Iozzino (56) di Resana (Treviso) hanno discusso contestando la sussistenza dei gravi indizi, chiedendo l'esclusione dell'aggravante del metodo mafioso e lamentando delle incongruenze nelle testimonianze delle vittime. «Nei verbali di sommarie informazioni assunti a maggio 2018 - spiega l'avvocato Guido Galletti, che difende Gaiatto - le presunte vittime parlano di un clima acceso, non fanno riferimento a condotte estorsive. Le stesse persone, sentite tra settembre e ottobre 2018, a distanza di pochi mesi caricano le loro testimonianze, tanto che attribuiscono a Gaiatto il gesto del segno della croce rivolto a due ex collaboratori di Venice Investment e accompagnato dalla frase siete due morti che camminano. Circostanza che non è mai avvenuta».
Se Gaiatto nega di aver minacciato la commercialista croata e gli ex collaboratori a Pola, Iozzino continua a dichiararsi estraneo alle accuse. Il suo difensore - l'avvocato Massimo Bissi, che in occasione del primo riesame sulla mega truffa di Venice difese Gaiatto - ieri ha insistito sulla non configurabilità del reato di estorsione. «Al massimo si può parlare di esercizio arbitrario delle proprie ragioni - ha specificato - Iozzino non ha mai minacciato nessuno e non ha mai millantato di appartenere al clan dei Casalesi, con i quali non ha mai avuto a che fare». Anche Bissi rileva discrepanze tra i verbali a sommarie informazioni resi dalle vittime a maggio e quelli datati settembre e ottobre. «Nei primi verbali si parlava soltanto di persone con accento campano, altro che clan dei Casalesi, di cui si parla soltanto a distanza di mesi», osserva.
Entrambi i difensori hanno inoltre contestato il fatto che non sono state assunte le testimonianze di avvocati e notaio croati presenti agli incontri a Pola. Il Tribunale del Riesame, presieduto dal giudice Enzo Truncellito, si è riservato la decisione. Se il ricorso dovesse essere respinto, Gaiatto e Iozzino resteranno nel carcere di massima sicurezza di Tolmezzo, dove finora non si sono mai incontrati, perchè hanno il divieto di avere contatti.
C.A.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA TRIESTE Le misure cautelari per le estorsioni croate agli ex collaboratori della Venice Investment Group sono otto, ma soltanto due sono le posizioni su cui è chiamato a esprimersi il Tribunale del Riesame di Trieste. Alcuni indagati ieri hanno rinunciato al ricorso. Soltanto le difese del portogruarese Fabio Gaiatto, 43 anni, e di Francesco Salvatore Paolo Iozzino (56) di Resana (Treviso) hanno discusso contestando la sussistenza dei gravi indizi, chiedendo l'esclusione dell'aggravante del metodo mafioso e lamentando delle incongruenze nelle testimonianze delle vittime. «Nei verbali di sommarie informazioni assunti a maggio 2018 - spiega l'avvocato Guido Galletti, che difende Gaiatto - le presunte vittime parlano di un clima acceso, non fanno riferimento a condotte estorsive. Le stesse persone, sentite tra settembre e ottobre 2018, a distanza di pochi mesi caricano le loro testimonianze, tanto che attribuiscono a Gaiatto il gesto del segno della croce rivolto a due ex collaboratori di Venice Investment e accompagnato dalla frase siete due morti che camminano. Circostanza che non è mai avvenuta».
Se Gaiatto nega di aver minacciato la commercialista croata e gli ex collaboratori a Pola, Iozzino continua a dichiararsi estraneo alle accuse. Il suo difensore - l'avvocato Massimo Bissi, che in occasione del primo riesame sulla mega truffa di Venice difese Gaiatto - ieri ha insistito sulla non configurabilità del reato di estorsione. «Al massimo si può parlare di esercizio arbitrario delle proprie ragioni - ha specificato - Iozzino non ha mai minacciato nessuno e non ha mai millantato di appartenere al clan dei Casalesi, con i quali non ha mai avuto a che fare». Anche Bissi rileva discrepanze tra i verbali a sommarie informazioni resi dalle vittime a maggio e quelli datati settembre e ottobre. «Nei primi verbali si parlava soltanto di persone con accento campano, altro che clan dei Casalesi, di cui si parla soltanto a distanza di mesi», osserva.
Entrambi i difensori hanno inoltre contestato il fatto che non sono state assunte le testimonianze di avvocati e notaio croati presenti agli incontri a Pola. Il Tribunale del Riesame, presieduto dal giudice Enzo Truncellito, si è riservato la decisione. Se il ricorso dovesse essere respinto, Gaiatto e Iozzino resteranno nel carcere di massima sicurezza di Tolmezzo, dove finora non si sono mai incontrati, perchè hanno il divieto di avere contatti.
C.A.
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