Eluana dieci anni dopo «Fatti alcuni passi avanti»

Domenica 8 Dicembre 2019
L'ANALISI
UDINE «È un ottimo traguardo» e rispetto alla sua applicazione «non vedo criticità, se uno fa l'approfondimento con se stesso e sa quello che vuole». Beppino Englaro, padre di Eluana, la giovane donna morta alla Quiete di Udine il 9 febbraio del 2009 dopo 17 anni di stato vegetativo e altrettanti anni di battaglia dei genitori per veder riconosciute le volontà che la giovane aveva espresso nel caso si fosse trovata in quelle condizioni, ieri a Udine ha giudicato così la legge 219 sulle «Norme in materia di consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento», di cui l'Italia si è dotata dal 2017.
L'INCONTRO
«Oggi una persona, se mette nero su bianco quello che vuole o non vuole, questa legge glielo consente», ha affermato Englaro, in un cinema Centrale gremito e la Sala del Popolo del municipio di Udine, dove si poteva seguire l'intervento in diretta, quasi al completo. «Oggi è dato di non vivere la tragedia che abbiamo vissuto noi grazie a questa vicenda e al cambiamento culturale che si è originato da questa tragedia», ha aggiunto, ripercorrendo la storia di Eluana, della madre, «che si è consumata» accanto alla figlia, e del lunghissimo percorso compiuto per «lasciare che la morte accada» entro la legalità. L'occasione è stata la conclusione del convegno nazionale «Eluana 10 anni dopo, autonomia e disposizioni anticipate di trattamento» promosso dalla Consulta di Biotica di Milano e dall'Associazione per Eluana, che ha affrontato il tema in moltissime sedi italiane, a partire dall'Università Statale di Milano per concludersi nel capoluogo friulano. La rivendicazione di Eluana, ha ripetutamente detto il padre, «è stata di un diritto costituzionale», ovvero di avere rispettata la propria volontà, precedentemente espressa, rispetto al trattamento sanitario nel momento in cui non si sia più in grado di manifestarla direttamente. «È un altro problema», invece, quello su cui si è espressa la Corte Costituzionale con la sentenza del 25 settembre scorso riguardo al suicidio assistito, ha avvertito Englaro, a margine dell'incontro. «Questo ha aggiunto è purtroppo ancora un reato» e ha auspicato un intervento legislativo tempestivo, poiché «non c'è che il Parlamento in una democrazia parlamentare» per affrontare la questione. Sul palco, ieri, diverse persone che sono state protagoniste dell'ultima tappa della vita di Eluana, che viveva a Lecco e dove è rimasta dall'incidente che subì a 21 anni. A Udine trovò la struttura pubblica che consentì ai genitori di applicare quanto l'iter giuridico aveva alla fine accolto, procedendo con l'interruzione della nutrizione artificiale. C'erano l'allora sindaco di Udine Furio Honsell, l'allora presidente della Regione Renzo Tondo, il medico Amato De Monte, l'ex senatore Ferruccio Saro. E poi Gabriele Renzulli, Ines Domenicali, Donata Lenzi, relatrice della legge sul Testamento biologico, e Maurizio Mori, presidente della Consulta di Bioetica e ordinario di Filosofia morale alla Statale di Milano. «La legge del 2017 è importantissima e ha segnato una svola sul principio di autodeterminazione», ha sottolineato Honsell. «Se ce l'abbiamo ha aggiunto è grazie all'impegno e al coraggio di una persona che ha difeso i diritti della figlia». In merito al fine vita «oggi è cambiato il clima culturale nel Paese, c'è una legge e se ne parla e questo è merito di Beppino», ha affermato Tondo. E da deputato non ha nascosto la complessità della materia che ora attende di essere affrontata dal Parlamento, dopo la sentenza della Consulta sul suicidio assistito. «Bisognerebbe trovare una forma di giurisdizione che consenta di mantenere un ampio spettro di valutazione personale ha considerato -, perché non tutti i casi sono uguali. Sono ancora convinto che qualcosa bisogna fare, non pensando però a una legislazione complessiva. Piuttosto dare alcune indicazioni e lasciare molta libertà alle persone che sono vissute a fianco».
Antonella Lanfrit
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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