«Ecco perchè quel latte non era dannoso»

Sabato 2 Dicembre 2017
IL CASO
UDINE Non basta dire che il latte contaminato dalle aflatossine veniva miscelato con latte genuino per dimostrare che il prodotto finale era pericoloso per la salute. Il pericolo deve essere concreto. Così si legge nelle motivazioni, appena depositate, della sentenza con cui lo scorso luglio la Corte di Cassazione ha messo una pietra tombale sulla vicenda processuale che aveva travolto Latterie friulane, lo storico Consorzio di Campoformido successivamente rilevato dalla Parmalat. La Procura di Udine aveva fatto ricorso contro il verdetto emesso dal gup Francesco Florit: 11 tra assoluzioni e proscioglimenti di dipendenti del Consorzio e allevatori di Tricesimo, Pasian di Prato, Campoformido, San Quirino, Vissandone, Romans d'Isonzo e Trieste. Il giudice delle udienze preliminari - pur riconoscendo che il latte contaminato da aflatossine è pericoloso e non può essere messo in circolazione - ha ritenuto che la sua diluizione nel latte di massa non costituisse rischio per la salute, perchè nel prodotto finale la soglia massima di 0,050 µg/kg non era stata superata. L'unica eccezione era costituita per l'episodio relativo alle 3.504 confezioni di latte fresco rispedite a Latterie friulane tra il 12 e il 14 dicembre 2013 dalla Soligo di Treviso perchè avevano un livello di aflattosine pari a 0,26 microgrammi/chilo: cinque volte oltre il limite fissato dalla legge.
Secondo la Procura, tutto il latte contaminato andava distrutto e non miscelato con quello genuino. Ma su questo il punto la Cassazione ha dato ragione al Tribunale: «Non può giovare alla tesi accusatoria - scrivono i giudici della Corte Suprema - sostenere che l'attività di miscelazione di latte contenente aflatossine con altro genuino presenta una generica attitudine a rendere il prodotto finale dannoso». Il pericolo per la salute, secondo la Cassazione, deve essere concreto e accertato di volta in volta. Nel caso di Latterie friulane lo sforamento di micotossine - come si evidenzia nelle motivazioni della sentenza - riguardava un solo produttore e «nessuna indagine specifica era stata condotta in relazione al latte di massa derivante dal conferimento nei silos del Consorzio», dove il latte diluito non «subiva un'incrementata concentrazione di sostanza tossica e nociva». I giudici - rileggendo gli elementi acquisiti durante l'indagine - ritengono che non si sarebbe potuti arrivare a soluzioni diverse da quella individuata dal Tribunale di Udine. E che nemmeno un'istruttoria dibattimentale avrebbe capovolto la sentenza emessa in udienza preliminare.
C.A.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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