Con il reddito di cittadinanza meno ospiti alla mensa dei poveri

Mercoledì 13 Novembre 2019
IL SERVIZIO
UDINE Porte aperte alla mensa diocesana di via Ronchi, domenica prossima, in occasione della Giornata mondiale della povertà (dalle 8.30 alle 10 e dalle 13.30 alle 17). «Abbiamo scelto di farlo proprio il 17 novembre - spiega Alberto Barone della Caritas - perché volevamo aprire le porte della mensa alla città. Riteniamo che la mensa sia essa stessa una porta aperta: è sempre possibile venire a parlare da noi, per fare volontariato e impegnarsi. Ma domenica vorremmo descrivere ai cittadini interessati quello che facciamo». Le lunghe code degli anni dell'emergenza profughi (e le polemiche che le accompagnavano) sono ormai un ricordo. «Anche grazie all'attivazione del centro di ascolto, abbiamo razionalizzato gli ingressi. I profughi ospiti della Cavarzerani vanno a mangiare in caserma, non vengono più da noi per comodità come facevano prima. Inoltre, i migranti sono molti di meno. E devo dire che, almeno questa è la mia impressione, anche il reddito di cittadinanza ha aiutato un po' a diminuire le presenze in mensa, anche se credo sia stato solo uno dei fattori». Sia come sia, «gli accessi sono diminuiti: adesso a pranzo vengono dalle 80 alle 110 persone, mentre una volta arrivavamo anche a trecento persone, penso al 2014-2015, quando si raggiunsero livelli ingestibili. I migranti allora erano tantissimi, adesso sono diminuiti. Vengono a mangiare da noi sempre le persone del territorio in difficoltà, gli anziani con la pensione minima, che vivono nelle case Ater, riescono a pagare le bollette e l'affitto ma non riescono ad arrivare a fine mese. Il problema principale è rappresentato da chi ha subito molti traumi e finisce sempre più ai margini, oppure le persone con problemi di dipendenze, dal gioco all'alcol agli stupefacenti». Il reddito di cittadinanza, in alcuni casi, spiega, «ha aiutato le persone a pagare le bollette, per cui abbiamo potuto inviare alcuni a prendere la borsa della spesa in parrocchia per cucinarsi il cibo a casa, mentre prima non potevano farlo perché gli avevano tagliato il gas». In mensa, spiega Barone, lavorano «120-130 volontari. Una ventina si occupano del centro di ascolto, attivato per non ridurre la mensa ad una mera distribuzione di pasti, ma per cercare di creare delle reti di supporto». Un aiuto in più, spiega, è il corso di italiano avviato alla sera. «Fra le 17.30 e le 19.30 offriamo uno spazio per le persone in difficoltà che hanno bisogno di scaldarsi, offriamo un the caldo e i biscotti e dei panini per un ristoro rapido. Quest'anno abbiamo attivato una scuola di italiano in mensa, perché abbiamo visto che molti stranieri che finivano i progetti ministeriali non conoscevano ancora bene la lingua. Così oggi vengono a mangiare un panino e poi studiano l'italiano. Ci sono fra i 10 e i 15 frequentanti»
I NUMERI
Nel 2018 la mensa ha servito 85.093 pasti, 45.678 a pranzo e 30.415 a cena, oltre ai 9mila preparati per gli ospiti dell'asilo notturno. Al centro di ascolto, invece, hanno fatto tappa 668 persone. Sempre lo scorso anno 63 persone hanno ricevuto il pacco alimentare (38 durante tutto l'anno). In via Ronchi si sono rimboccati le maniche 160 volontari, organizzati in turni di 8-10 persone per il pranzo e per la cena. Nella struttura, poi, lavorano tre operatori sociali, che si occupano degli aspetti organizzativi e della gestione dei turni, ma anche degli incontri di sensibilizzazione nelle scuole (nel 2019 coinvolti 422 ragazzi), mentre la preparazione dei piatti spetta a quattro cuoche.
Cdm
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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