Comparto unico, aumenti a rischio

Domenica 20 Ottobre 2019
Comparto unico, aumenti a rischio
IL CASO
UDINE Comparto unico del Friuli Venezia Giulia, ovvero gli oltre 13mila dipendenti non dirigenti di Regione ed enti locali, in ambascia perché potrebbe sfumare l'aumento del salari accessorio da 580 a circa mille euro l'anno previsto nel contratto 2016-2018 e ora messo in discussione dalla Corte dei Conti che si è pronunciata a seguito della richiesta della Regione di un parere su una legge regionale di fine 2018 di «interpretazione autentica» della disposizione regionale che destina il 50% dei risparmi derivanti dalla soppressione delle Province a questa finalità. Il freno della Corte - che aveva dato via libera al contratto nell'ottobre di un anno fa è motivato dal fatto che l'atto su cui è stata chiamata a intervenire non pone una stretta correlazione tra l'aumento del salario accessorio e la riforma degli enti locali (la materia contrattuale è stata trattata vigenti le Uti), cornice entro cui il via libera era stato dato. Gli aumenti previsti, «significativamente superiori al limite ordinario, in Fvg di gran lunga superiori al 5% stabilito dalla norma statale», nella norma di interpretazione autentica del dicembre 2018 quindi posteriore a valutazione della Corte sul contratto e a alla firma dello stesso - «risulterebbero sostanzialmente, a posteriori, sganciati dall'attuazione della riforma e destinati a una corresponsione non correlata a obiettivi specifici».
IL DECRETO
Ciò perché in essa si richiama una norma statale, il decreto legislativo 75/2017 che, ricorda la Corte, «non individua obiettivi, ma costituisce una sorta di possibilità di premialità aggiuntiva, in percentuale comunque contenuta, per gli enti che dimostrano di essere particolarmente virtuosi». Richiamando il fatto che «gli ingenti aumenti della parte variabile del contratto 2016-2018, superiori al limite posto dal decreto legislavito 75/2017, trovavano ragion d'essere nell'assoluta eccezionalità di una grande riforma che investiva un territorio regionale caratterizzato da una maggioranza di enti locali piccoli e piccolissimi, nell'ottica di una razionalizzazione che avrebbe potuto comportare, a medio periodo, attraverso una diversa distribuzione del personale, anche dei risparmi di spesa», la Corte evidenzia che al di fuori di «eccezionali ipotesi di riforma che giustifichino un trattamento differenziato, appare incongrua una norma di interpretazione autentica che faccia venir meno il rispetto di un limite, quello previsto dal decreto legislativo 75, che ha valenza di presidio a tutela degli equilibri di finanza pubblica». I sindacati, comunque, sono pronti a dare battaglia affinché il contratto firmato si applichi, come sostengono unitariamente Cgil, Cisl e Uil, intravvedendo nelle stesse argomentazioni della Corte gli spazi per sostenere una simile posizione. «Il problema non è l'aumento del salario accessori per il quale i soldi ci sono e c'è una legge che li destina a tale finalità sintetizza Ornella Olivo, segretaria regionale Funzione pubblica Cgil -. La questione è che la legge di interpretazione autentica sottoposta alla Corte fa riferimento a un aumento senza metterlo in correlazione a una riforma. Ma la riforma degli enti locali c'è».
LE UTI
Non è più quella delle Uti, smantellata dall'attuale Governo regionale, «ma l'attuale amministrazione regionale ha in atto una riforma degli enti locali, che prevede le Comunità e gli enti di area vasta». Quindi, per Cgil, Cisl e Uil è stata «sbagliata la domanda» posta alla Corte dei Conti e «gli ingredienti ci sono tutti per permetterci di chiudere la partita in modo positivo». Anche i soldi, più di 6 milioni. L'assessore alla Funzione pubblica, Pierpaolo Roberti, che i sindacati hanno incontrato poche ore dopo il parere emesso dalla Corte, «ci ha chiesto un po' i tempo per ragionarci sopra». Ieri, cercato, non ha risposto. Il prosieguo, forse si giocherà nel perimetro che traccia lo stesso parere della Corte, laddove sostiene che la certificazione del contratto «aveva richiamato l'attenzione alla necessità che l'impiego di risorse oltre il limite del 2016 dovesse essere strettamente collegato a una riforma che, anche se in forse diverse, garantisse comunque i benefici di una razionalizzazione» e che la decisione resta in capo alla Regione poiché «le valutazioni di questa Sezione non possono avere alcuna incidenza sulle decisioni relative all'esecuzione del contratto che afferiscono l'ambito di discrezionalità propria dell'Amministrazione». La stessa Corte, comunque, scrive di una «complessità della questione».
Antonella Lanfrit
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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