Agroalimentare, produrre troppo fa male soprattutto alle eccellenze

Sabato 20 Ottobre 2018
Agroalimentare, produrre troppo fa male soprattutto alle eccellenze
ECONOMIA E AMBIENTE
UDINE Melius abundare quam deficere. La locuzione latina sul meglio abbondare che scarseggiare sembra non valere in agricoltura, almeno non sempre e la sovrapproduzione mette a rischio le eccellenze. «Un problema economico, etico e ambientale al quale bisogna prestare concretamente attenzione, mettendo in atto una strategia precisa che coinvolga tutte le fasi della filiera produttiva», ha sostenuto l'assessore regionale alle Risorse agroalimentari, Stefano Zannier, al convegno Waste less more taste, organizzato da ErgonGroup e dedicato allo spreco alimentare. Rivolto alle aziende e agli operatori del processo alimentare, l'incontro si è concentrato sulle buone pratiche per trovare soluzioni che possano trasformare gli sprechi in valore.
Puntando il ragionamento sull'agroalimentare, Zannier ha spiegato il fenomeno della sovrapproduzione nella fase primaria del processo con il conseguente rischio, in casi di eccedenze, di declassamento del prodotto: «Se l'eccesso di produzione è talmente elevato da non permettere nemmeno il declassamento - ha spiegato Zannier - quel prodotto rischia di prendere una strada di non ritorno, senza neanche la possibilità di essere utilizzato per una trasformazione secondaria (come quella dei mangimi per animali)».
L'assessore ha poi affrontato il caso in cui le eccedenze riguardino prodotti di qualità e tutelati, caso in cui si deve fare i conti con il conseguente abbassamento dei prezzi di mercato: «Questo - ha sottolineato - comporta una pericolosa fluttuazione da una stagione all'altra, con conseguenze di estrema gravità sulle politiche aziendali di pianificazione e di programmazione. C'è la necessità quindi di essere tutti consapevoli che in determinati casi non si può pensare di produrre senza limiti, ma bisogna entrare nella logica di produrre il necessario per soddisfare i bisogni della vendita».
Un eccesso di produzione ha riguardato, seppure marginalmente, anche i vignaioli. Pur soddisfatti della buona vendemmia 2018, alcuni produttori si sono ritrovati con quantità di uva in eccesso che non è facilmente piazzabile sul mercato e tantomeno proponibile come prodotto declassato, dal momento che non si tratta di uva da tavola. Per chi riesce a venderla, inoltre, il prezzo va al ribasso. Durante i lavori del convegno, al quale ha partecipato anche Maria Chiara Gadda, prima firmataria della legge 166/2016 che regola la materia, sono emersi alcuni dati che rappresentano le dimensioni del fenomeno. Nel dettaglio, su scala globale, almeno un terzo degli alimenti prodotti non viene consumato per un valore di circa 580 miliardi, che equivale a un territorio produttivo delle dimensioni di Canada e India messe insieme. Il 64% delle eccedenze si registrano nel settore primario, il 5 nella fase di trasformazione, il 24 nel processo di distribuzione al consumatore e il 7 nella ristorazione. Ma in un'ottica di lotta allo spreco, se nel 2015 si recuperava solamente il 9% delle eccedenze, tra il 2016 e il 2017 si è arrivati al 20%.
L.Z.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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