«Una vita in Stefanel: come faremo?»

Giovedì 10 Gennaio 2019
«Una vita in Stefanel: come faremo?»
LE STORIE
«Negli anni 80, nel periodo d'oro, la Stefanel era un'azienda fiorente. Qui c'erano tre stabilimenti: a Ponte di Piave, Levada e Salgareda, 600 dipendenti in tutto. Il quarto, con 150 lavoratori, era a San Vito al Tagliamento, in provincia di Pordenone, chiuso poi nel 1995. Senza contare l'indotto, ossia commesse di negozi che erano dipendenti diretti e che quasi triplicava queste cifre. Da metà degli anni 90, ossia dalla chiusura di San Vito, le prime crepe. Poi la delocalizzazione, e il colpo di grazia». Ora i lavoratori sono 89. Ieri alcuni di loro, al termine dell'orario di lavoro, si sono trovati attorno a un tavolo per raccontare quello che in queste settimane stanno vivendo sulla loro pelle. La crisi dell'azienda è, per forza di cose, un problema che si ripercuote anche a livello sociale su molte famiglie, non solo del paese ma di tutto il circondario. Martedì c'è stato un incontro in Regione, un altro è già in programma. A breve sarà anche informato il Ministero. E in mezzo a tutto ciò ci sono loro, i lavoratori, preoccupati.
LA DECANA
Spiega una dipendente di lungo corso: «Da trent'anni lavoro in Stefanel, ho visto l'azienda nel suo periodo più florido, con tecnologie all'avanguardia e con un prodotto di alta qualità. Da dieci anni a questa parte sono stata testimone di continue ristrutturazioni che non sono state certo migliorative. Anno dopo anno è sceso il numero dei dipendenti, con la produzione che se n'è andata. Pertanto l'azienda di Ponte di Piave è diventata una realtà meramente commerciale. Essendo affezionata all'azienda, nonché al marchio e alla famiglia, sono molto amareggiata per quello che sta accadendo».
UNICO REDDITO
«All'orizzonte vedo delle complicanze. Non sono più giovanissima, mio marito tempo fa ha perso il lavoro. Sono io l'unico sostentamento per la famiglia. Fortunatamente mio figlio ha concluso gli studi e ha iniziato a lavorare. Tanti miei colleghi però hanno ancora i figli a scuola. Ed è un problema. Stavo valutando di accendere un mutuo per la casa. Ma con questa situazione non posso procedere».
LA QUARANTENNE
«Non sappiamo ancora nulla, stiamo brancolando nel buio - dice un'altra lavoratrice quarantenne- C'è stato detto che forse verrà spostata una piccola parte di azienda, ma non abbiamo informazioni precise su quello che accadrà. Così è difficile anche affrontare il lavoro quotidiano. La nostra professionalità fa si che ci impegniamo a dare il massimo, come abbiamo sempre fatto, d'altra parte, in tutti questi anni. Però è sempre più difficile. Le uniche informazioni sono quelle che ci comunica il sindacato dopo gli incontri con l'azienda».
l'IMPIEGATA STORICA
Spiega un'altra lavoratrice: «La situazione è complicata anche per me, sono una dipendente della Stefanel da circa 30 anni e ho una figlia a carico in età scolare. In questo contesto io non so nulla di cosa faremo. Non sappiamo se l'azienda chiuderà, e se accadrà quando e come. L'unica cosa che abbiamo sentito è un probabile trasferimento, forse a Milano. Nel mio caso non riuscirei spostarmi, la mia famiglia è qui. Spostare l'azienda, per me, significa perdere il posto di lavoro. La situazione è tragica e sta diventando addirittura tragicomica. Perché sappiamo che la fine è già stata scritta ma non ce la vogliono dire, né nei termini, né nei tempi né con quali modalità. Anche io ho vissuto gli anni d'oro della Stefanel: nonostante tutte le crisi alle spalle, il fatto di aver visto andare a casa molto colleghi negli ultimi anni ha creato paradossalmente un attaccamento all'azienda che non credo sia riscontrabile in molte altre realtà. La voglia di superare qualsiasi crisi c'è sempre stata. Anzi, se oggi siamo arrivati fino a qui forse è anche grazie a questo nostro attaccamento alla storia della Stefanel. Un fatto che purtroppo non ci è mai stato riconosciuto se non, all'epoca, dalla stessa famiglia Stefanel, non certo dagli ultimi proprietari».
GLI SFIDUCIATI
Un altro giovane dipendente aggiunge: «Sembrerà strano ma proprio a Natale ci siamo trovati con altri ex colleghi che hanno lavorato qui e che nel corso degli anni loro malgrado sono stati costretti ad andarsene. Non c'è alcuna invidia, anzi posso dire che c'è tutt'ora solidarietà comune. Siamo rimasti una novantina, ci conosciamo più o meno tutti. Ebbene, posso dire che come lavoratori siamo molto uniti». E un altro conclude: «Il problema si acuisce se chi, come me, non è più giovanissimo. Non ho iniziato qui, ma in Stefanel ho lavorato per 25 anni. Per me il problema domani sarà trovarmi un'occupazione. Per il mercato del lavoro sono troppo vecchio, mentre per poter accedere alla pensione sono ancora troppo giovane. Quale futuro mi aspetta?».
Gianandrea Rorato
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