Ubriaco e violento, ma per i servizi sociali era invisibile

Martedì 25 Giugno 2019
IL CASO
TREVISO Problemi mentali che durano da una vita e una sindrome da dipendenza, in particolare dall'alcol, che ha trasformato gli ultimi otto anni suoi della sua famiglia in un inferno. Una sofferenza causata da psicosi rese più acute dal vizio del bere rimasta invisibile ai servizi sociosanitari fino alla seconda denuncia per maltrattamenti familiari arrivata nel 2017. «Questo -dice l'avvocato Sebastiano Coletti- non è un caso giudiziario ma una emergenza sociale». E' la storia di un 33enne dell'hinterland finito a processo per maltrattamenti familiari e lesioni aggravate. Davanti ai giudici il giovane ci è arrivato dopo le querele sporte dalla madre e dal fratello minore, prima nel 2016 e poi nel 2017. Ma delle sue condizioni ci si è accorti solo quando, finito in comunità in seguito alla misura cautelare dell'allontanamento dalla casa familiare, gli operatori del centro in cui ha trovato ospitalità si sono accorti che qualche cosa non andava.
L'IMPUTAZIONE
A leggere il capo di imputazione formulato dalla Procura sembra di trovarsi davanti ad un caso come tanti altri: la storia di uno che beve, che torna a casa ubriaco fradicio e se la prende con i familiari più deboli. In questo caso la madre, 60enne, e il fratello minore. E' andata avanti così dal 2011 per 5 lunghi anni. Ma non si tratta di un ubriacone come tanti altri. Nell'udienza di ieri il suo difensore, l'avvocato Coletti. ha portato a testimoniare 4 medici, tra cui uno specialista del centro di salute mentale. Hanno tutti evidenziato che il 33enne presenta una forte fragilità, è ostaggio di stati psicotici e ansiogeni. Ha paure irrazionali, è ipocondriaco, terrorizzato dal fatto di poter essere infettato dall'epatite. Ha provato a reggere affidandosi alla bottiglia ma è finita peggio. Ubriaco una volta ha tentato un furto, lo hanno preso, processato e condannato. Non è mai stato intercettato dai servizi sociosanitari, neppure dopo la prima condanna.
PSICHE INQUIETA
Adesso è in terapia, la misura cautelare è stata tolta e la madre e il fratello, terrorizzati di quello che sarebbe potuto succedergli a processo, hanno ritirato la querela. Ma per i maltrattamenti familiari si procede d'ufficio e il procedimento penale va avanti. Solo adesso la sua condizione di malato mentale e con problemi di dipendenza lo ha portato a vedersi riconosciuta una invalidità civile del 75%. Pian piano cerca di uscire dal tunnel e ricostruire i rapporti con la sua famiglia. Ma quegli otto anni di sofferenza in solitudine pesano e continueranno a pesare.
Denis Barea
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