Test del Dna su sei carabinieri l'ombra della lettera di un corvo

Martedì 19 Giugno 2018
L'INCHIESTA
TREVISO Dalla Procura ieri mattina è arrivata una implicita conferma alla notizia secondo cui nei giorni scorsi è stato disposto il test del Dna su almeno sei carabinieri della Compagnia di Castelfranco presenti sul luogo dove la notte del 22 aprile 2017 morì il giostraio 36enne Manuel Major, colpito alla testa da un colpo di pistola sparato dalla guardia giurata Massimo Zen, il 47enne di Cittadella ora indagato per omicidio. Gabriella Cama, il sostituto procuratore che indaga su quei fatti, ha infatti ammesso di aver disposto nuovi accertamenti che saranno compiuti dal Ris dei Carabinieri di Parma. Nei corridoi del palazzo di giustizia trevigiano resta il massimo riserbo perché non viene aggiunto alcun dettaglio sulla natura degli esami. Ma l'inquietudine che trapela dagli ambienti dell'Arma, soprattutto da parte di chi adesso si sente trattato alla stregua dei delinquenti, delinea con una certa precisione la situazione.
L'OBIETTIVO
Gli investigatori vogliono stabilire a chi appartengano le tracce di Dna ritrovate sulla pistola giocattolo rinvenuta poco lontano dal rettilineo dove si sono svolti i fatti, a Barcon di Vedelago. Un'arma finta raccolta in un campo a pochi metri dal punto dove Zen, che si sarebbe posizionato in attesa dell'arrivo dell'auto in cui si trovava Major insieme ad altri complici inseguiti dai carabinieri dopo una serie di colpi ai danni di sportelli bancomat, avrebbe esploso tre colpi con la sua pistola di servizio, uno dei quali ha centrato il giostraio 36enne.
SENZA NOME
Pochi giorni dopo era arrivata una lettera anonima: Quella pistola è stata messa lì ad arte da un carabiniere, si leggeva nella missiva. Una accusa senza nome che fino a qualche giorno fa non aveva giocato un ruolo rilevante nell'inchiesta, incentrata sul valutare soprattutto se davvero come detto da Zen la guardia giurata abbia sparato per difesa contro la vettura che gli puntava dritto addosso e dalla quale sarebbe a sua volta partito un colpo d'arma da fuoco. Ma quando i primi rilievi sul giocattolo hanno messo in evidenza un Dna sconosciuto, non riconducibile né al 47enne ranger della Battistolli né a Major, i particolari riferiti dalla lettera anonima sono tornati sulla ribalta.
DETTAGLI DA CHIARIRE
A metà maggio il sostituto procuratore Cama ha quindi disposto il test del Dna non solo di alcuni giostrai, parenti e amici di Manuel Major, ma anche di una mezza dozzina di carabinieri della Compagnia di Castelfranco, cioè i militari che sono intervenuti sul posto la sera del 22 aprile dell'anno scorso. Se da un lato i rilievi balistici confermano che Zen avrebbe sparato il colpo mortale da pochi metri come da lui sostenuto, avvalorando così la tesi della macchina dei giostrai che gli puntava contro per speronarlo, dall'altra il particolare della pistola giocattolo maneggiata da Mister X aggiunge a tutta la storia le tonalità del giallo. Scatenando l'irritazione, se non proprio la rabbia, dei carabinieri sottoposti al prelievo del Dna in quanto persone informate sui fatti.
Denis Barea
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