Schiavo dell'hashish «Ho iniziato a 11 anni»

Sabato 25 Gennaio 2020
IL CASO
TREVISO Consumatore abituale di hashish e marijuana, per sua stessa ammissione di fronte a un giudice. Niente di eccezionale, se non il fatto che a rendere la testimonianza sotto giuramento sia stato un ragazzino di 14 anni parlando di fatti relativi al 2016, ovvero quando di anni ne aveva appena 11 e frequentava la prima media. Il particolare, che ha dell'inquietante, è emerso nel corso di un procedimento penale per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti che vede imputato a Treviso un ragazzo di 22 anni, che a sua volta si riforniva, secondo l'accusa, da un altro ragazzino che all'epoca dei fatti ne aveva 17, indagato in un procedimento congiunto dalla procura del tribunale dei minori di Venezia. In aula era presente anche lui, chiamato come teste dal pubblico ministero: per deporre dovrà però essere assistito da un legale proprio per il fatto di essere al centro dell'inchiesta parallela portata avanti dai magistrati veneziani che esercitano l'azione penale per reati commessi da minorenni. Si tornerà di fronte al giudice a settembre.
IL RACCONTO
A destabilizzare anche il magistrato titolare dell'indagine è proprio l'età del cliente del presunto pusher. A processo, come se si trattasse di un'udienza qualsiasi, il pm ha infatti dovuto porre una lunga serie di domande al baby testimone il quale, obbligato a dire la verità per non rischiare un'incriminazione per falsa testimonianza, non si è sottratto a ricostruire un quadro di spaccio e consumo di droga tra giovanissimi, circoscritto tra il gennaio e il giugno del 2016 ma che, verosimilmente, andava avanti da più tempo. «Sì, è vero. Fumo hashish e marijuana quasi quotidianamente - ha riferito il ragazzino - e conosco altri miei coetanei che lo fanno». Il numero di cessioni contestate all'imputato sono infatti diverse decine, documentate con appostamenti e intercettazioni effettuati dalle forze dell'ordine che hanno svolto le indagini. «Compravo la droga direttamente da lui (l'imputato, ndr) ma l'ho fatto solo un paio di volte» ha continuato l'allora 11enne.
LE INDAGINI
A dare il via all'inchiesta è stato il padre dell'undicenne. Sbirciando sul suo cellulare aveva notato alcuni messaggi sospetti su Whatsapp: un ragazzo più grande di lui, rimasto poi fuori dall'indagine, gli chiedeva soldi. Non pochi spiccioli, ma centinaia di euro. Il genitore, preoccupato, ha cominciato a farsi delle domande. Ha chiesto lumi al figlio ma non ha ottenuto risposte. Così ha preso coraggio e ha deciso di rivolgersi ai carabinieri, temendo che il giovane fosse finito in mezzo a qualche strano giro. Non avrebbe però mai pensato che potesse emergere una situazione del genere. La segnalazione si è infatti trasformata in breve tempo in notizia di reato, dando il via a una serie di accertamenti che hanno portato a smantellare il presunto traffico di sostanze stupefacenti.
I RISCONTRI
L'attenzione degli inquirenti si è ben presto posata sull'imputato. Secondo l'accusa infatti era lui a rifornire di stupefacenti diversi minorenni, alcuni appunto giovanissimi. Non si parla di grosse quantità, un paio di grammi alla volta per cosiddetto uso personale. Ma lo spaccato che emerge racconta di un approccio sempre più precoce all'uso di droga, ignorandone le conseguenze non solo dal punto di vista fisico ma anche penale.
Giuliano Pavan
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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