Salvini non chiude la porta a Genty «È uno di noi, ma ci deve rispettare»

Martedì 20 Febbraio 2018
IL SEGRETARIO
TREVISO Matteo Salvini non chiude le porte a Giancarlo Gentilini. Magari non lo chiamerà direttamente, come lo Sceriffo sotto-sotto spera, ma di certo non taglia nessun ponte. Da bravo segretario sa bene che gli obiettivi si raggiungono solo compatti. E sopra la sua testa non vuole la minima nube minacciosa. Quindi: toni rilassati e diplomazia in grandi quantità. Ma con dei paletti precisi: «Gentilini lo considero ancora della Lega, ma ovviamente bisogna rispettare i candidati, i sindaci, i consiglieri comunali. Io do rispetto ma chiedo rispetto. C'è l'occasione storica per prendere in mano questo paese e dare sicurezza e lavoro. Quindi le beghe e i litigi sono le ultime cose che mi interessano».
LO SCERIFFO
Appena sceso dall'auto che lo sto portando in giro nel suo tour elettorale, che ieri pomeriggio ha toccato Treviso, la domanda sullo Sceriffo è stata la prima che si è sentito rivolgere. Del resta era inevitabile: lo scontro frontale Gentilini-Lega è epocale. E nemmeno il segretario federale del Carroccio può ignorarlo. Ma Salvini lo liquida toccando i tasti giusti: «C'è l'occasione storica di cambiare l'Italia, di avere l'autonomia - ricorda - c'è l'occasione, dopo trent'anni, di avere un presidente del consiglio della Lega. Quindi, fino al 4 marzo, conto sull'apporto di tutti: giovani e meno giovani. Gentilini è una risorsa e conta come risorsa».
CENTRO BLINDATO
In una piazza dei Signori tranquilla benchè circondata da polizia e carabinieri per paura di blitz degli antagonisti - «I centri sociali? Quando saremo al governo li sigilleremo», promette il Matteo leghista - le elezioni trevigiane sono state citate in continuazione. Davanti a circa 250 persone, sotto la loggia dei Trecento, sono sfilati tutti i candidati leghisti alle politiche; gli appelli al voto per il 4 marzo si sono sprecati, Salvini ha indicato a tutti la battaglia per l'autonomia, facendo felice il governatore Luca Zaia presente lì vicino, e ha promesso di tornare a Treviso tra un mese «da presidente del consiglio». Ma nessuno ha perso di vista l'obiettivo delle amministrative. Di certo non il segretario - «togliamo questa città alla sinistra» - che ha battuto il tasto dell'immigrazione chiamando in causa Manildo e la gestione del Pd: «Quando sono entrato a Treviso ci ho messo un quarto d'ora prima di incrociare un trevigiano, sono passato davanti alla stazione e ho notato la situazione. Ma quelle che ho visto sono ovviamente tutte persone fuggite dalla guerra e che ci pagheranno le pensioni - ironizza quando andremo al governo garantisco meno sbarchi e più espulsioni». E poi le consuete stilettate alle coop rosse. Di amministrative, dopo aver esortato a non mollare sul fronte della battaglia per l'autonomia, ha parlato anche Zaia che ha grandemente elogiato Conte: «Lo avete visto bene, è il nostro candidato. Partire da qui (da sotto la Loggia ndr) ha portato bene a tutte le nostre campagne elettorali. Tra qualche mese quindi avremo un nostro presidente del consiglio e un nostro sindaco».
I PRESENTI
E sotto la loggia, nonostante un freddo fastidioso, ad applaudire i big sono arrivati tanti leghisti, qualche sindaco e qualche volto inaspettato come Domenico Presti, il sindaco di Arcade che ha scatenato il putiferio sulla composizione delle liste per poi rientrare nei ranghi, o quello del presidente dell'Israa Luigi Caldato o del consigliere di minoranza ex Fratelli d'Italia, Davide Acampora. Salvini, alla fine, ha anche risposto a quegli industriali che sognano una grande coalizione per garantire un governo solido: «Abbiamo visto con il governo Monti come l'Italia sia tornata indietro - ribatte - gli imprenditori che conosco sia in Veneto e in tutta Italia, vogliono chiarezza e meno burocrazia. Quindi chi fa impresa davvero, e non assistita con i soldi pubblici, spera in un cambiamento. E la Lega è l'unica garanzia di questo cambiamento».
Paolo Calia
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