Rapina fallita in villa: «Così riuscimmo a sventare il colpo»

Venerdì 23 Luglio 2021
Rapina fallita in villa: «Così riuscimmo a sventare il colpo»
CASTELCUCCO
Luciano Donadio seguiva dal suo ufficio, ad Eraclea, assieme al nipote Antonio Puoti, le fasi della rapina che uno dei suoi uomini, Giacomo Fabozzi, assieme a due complici marocchini stava per realizzare il 27 marzo del 2015 in una lussuosa villa di Castelcucco ai danni dell'imprenditore Rino Dalle Rive, titolare della Safond Martini di Montecchio Precalcino, azienda che tratta la rigenerazione di sabbie per fonderie. La circostanza è riferita ieri in aula bunker, a Mestre, dall'ispettore Carlo Dominici, uno dei poliziotti che fece fallire il colpo, aspettando i malviventi all'interno dell'abitazione e riuscendo ad arrestarli nel momento in cui entrarono in azione. Per quella rapina sono già stati condannati gli autori materiali e ora sotto processo ci sono Luciano Donadio, Puoti e altre quattro persone, tra cui il presunto basista, la guardia giurata trevigiana Giuseppe Daniel, accusata di aver fornito alla banda le indicazioni sul contenuto della villa, grazie anche a una relazione di amicizia intrattenuta con la convivente dell'imprenditore, scomparso nel 2019 all'età di 74 anni.
LA TESTIMONIANZA
Il poliziotto ha raccontato di come, grazie alle intercettazioni della Procura di Venezia per seguire l'attività del presunto boss dei casalesi, gli investigatori vennero a conoscenza del piano criminale, riuscendo a scoprire soltanto il giorno prima che l'obiettivo era la villa di Castelcucco. Quindi furono schierati una cinquantina di agenti, dentro e fuori, che entrarono in azione non appena Fabozzi (con una pistola poi risultata scarica) e Ladhili Othmane, entrarono nel garage. Il terzo componente del commando, Kakabe Rabili, fu fermato mentre stava fuggendo in auto. Il progetto iniziale, stando a quando ascoltato grazie alle intercettazioni, era quello di sequestrare l'imprenditore per poi chiedergli di consegnare tutti i soldi dietro la minaccia di fare del male a una delle figlie, residente a Milano. Ma nel momento di entrare in azione la banda lasciò uscire l'auto di Dalle Rive (a bordo della quale c'era in realtà un agente) e cercarono di entrare nella villa.
L'ASSISTENZA LEGALE
Nel frattempo Donadio aspettava ad Eraclea, preoccupandosi del ritardo dei suoi uomini. Quindi, venuto a sapere del loro arresto, iniziò a organizzare assistenza legale e supporto economico; un alloggio per usufruire eventualmente dei domiciliari e un lavoro se fosse stato loro necessario per uscire dal carcere. Nell'immediatezza il boss dei casalesi del Veneto Orientale pensò a una spia che, dall'interno, potesse aver tradito avvisando gli investigatori: non sospettava ancora di essere intercettato da anni dalla Procura. Nel pomeriggio sono poi stati ascoltati un amico di Donadio, accusato di essersi intestato in maniera fittizia uno scantinato a Casal di Principe per offrire copertura al boss, il quale ha però dichiarato di aver acquistato quel immobile versando 20 mila euro in assegni alla moglie di Donadio, che ne figurava proprietaria. Il processo riprenderà a settembre.
Gianluca Amadori
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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