«Quel killer trattato quasi come un figlio»

Sabato 26 Novembre 2016
«Quel killer trattato quasi come un figlio»
Quella terribile notte di 7 anni fa non la dimenticherà nessuno: l'omicidio di Elisabetta Leder e della figlioletta Arianna, 2 anni, rimarrà una delle pagine più tragiche e sconvolgenti della storia trevigiana. Vennero massacrate a Castagnole con un coltello dal compagno di Elisabetta, padre di Arianna, Fahd Bouichou, marocchino. Ora sta scontando l'ergastolo nel carcere di Verona. Ieri Elisabetta ed Arianna sono state ricordate con una breve e toccante cerimonia all'istituto Menegazzi dell'Israa, dove Elisabetta lavorava. Il presidente Luigi Caldato ha voluto dedicare a madre e figlia la nuova sala riunioni celebrando così la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Ma la loro famiglia non smette di ricevere delusioni. L'ultima dallo Stato italiano che ha rifiutato il risarcimento dovuto alle famiglie vittime di atti di violenza in base a una disposizione Ue: «Con quei soldi avremmo voluto finanziare un asilo e dedicarlo ad Arianna - dice Alessandro, il fratello di Elisabetta - ma non è stato possibile. Faremo ricorso alla Corte Europea. Intanto ci ha pensato l'Israa a coronare il nostro sogno con questa sala».
Nonostante gli anni trascorsi il dolore della famiglia Leder non si è lenito ma la mamma di Elisabetta, Raffaella, è una donna coraggiosa: «L'ho accolto (Bouichou ndr) come un figlio - ricorda -. Gli lavavo i vestiti, glieli stiravo, era sempre a casa mia. Alessandro, mio figlio, a volte mi diceva: mamma lo tratti meglio di me. E gli rispondevo: se tu fossi in giro per il mondo vorrei che incontrassi qualcuno che ti trattasse bene». Raffaella non sa darsi una spiegazione delle follia scoppiata a casa della figlia: «Guardate cosa ha fatto, senza un preavviso, un segnale. E se Elisabetta aveva notato qualcosa, non me lo aveva detto. Non abbiamo potuto fare niente».
Da allora Bouichou è sparito dalla loro vita: «In ogni udienza del processo l'avevo sempre vicino, ma non ho mai avuto il coraggio di guardarlo negli occhi. Non abbiamo mai più parlato con lui. Una volta, durante un'intervista, ha chiesto perdono. Ma secondo me era un suggerimento dell'avvocato. Con noi non ha mai parlato. Nemmeno la sua famiglia si è fatta sentire: la mamma, le sorelle non ci hanno mai cercato. Del resto se una sorella gli aveva consigliato di dire che era Elisabetta a picchiare la bambina e che l'aveva uccisa lei, figurarsi se verranno mai a cercarci. Ma non è che mi manchino. Stiamo bene anche senza di loro».

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