Positivo per due volte: caso allo studio «Il virus si nasconde senza replicarsi»

Giovedì 28 Maggio 2020
Positivo per due volte: caso allo studio «Il virus si nasconde senza replicarsi»
IL BILANCIO
TREVISO La nuova sfida è capire perché da alcune persone il coronavirus sembra proprio non volersene andare. Ieri non sono stati registrati nuovi contagi nella Marca. Ma nell'ospedale di Treviso stanno studiando un caso strano. Una persona già positiva al Covid-19, e per questo messa in isolamento domiciliare, è risultata nuovamente positiva a distanza di tempo. Era già accaduto in alcuni casi pure dopo 40 giorni. In particolare, è capitato anche con alcuni dipendenti dello stesso ospedale che erano stati contagiati. E ora la storia si ripete. Il punto è che generalmente in situazioni simili veniva individuato solo un gene dei tre cercati. Come se fosse un pezzetto di virus non più vivo. Stavolta è diverso. Nella persona in questione i laboratori hanno individuato tutti e tre i geni, pur con una carica infettiva molto bassa. È come se il coronavirus riuscisse a nascondersi, senza continuare a replicarsi, come in teoria sarebbe nella sua natura, per poi tornare a un certo punto a far capolino. Tutto questo senza mai sparire definitivamente. E senza che nel frattempo la persona abbia sviluppato degli anticorpi sufficientemente forti per combatterlo. La cosa più importante è che non si può escludere che la persona continui a essere infettiva. Oltre agli accertamenti nell'ambito della microbiologia, sempre più precisi, si punta a capire se la persona possa continuare a diffondere il virus.
QUARANTENA INFINITA
In queste condizioni è impossibile mettere fine al suo isolamento domiciliare. La quarantena è infinita. Il caso adesso è allo studio della stessa Microbiologia e dell'unità di Prima medicina del Ca' Foncello, dirette rispettivamente da Roberto Rigoli e da Carlo Agostini. «Il professor Agostini e il dottor Rigoli stanno sequenziando il virus spiega Francesco Benazzi, direttore generale dell'Usl della Marca dobbiamo capire se siamo in presenza di un falso positivo». O se invece c'è dell'altro. La settimana scorsa proprio Rigoli era intervenuto nella conferenza stampa tenuta dal governatore Luca Zaia nella sede dell'unità di crisi di Marghera facendo luce sulle persone che risultano positive al Covid-19 anche dopo un mese. Non si tratta di reinfezioni. Semplicemente a volte il coronavirus fatica a sparire. «Ci sono pazienti che rimangono positivi anche per 30 o 40 giorni, nei quali rileviamo solo uno dei tre geni che cerchiamo aveva spiegato il direttore del centro di Microbiologia di Treviso l'ipotesi è che ci si trovi davanti a virus non vivo. Per semplificare, troviamo solo un pezzetto di virus». «In questi casi i pazienti potrebbero non essere infettivi aveva aggiunto ma vanno ancora fatti degli studi sono in corso delle indagini proprio per capire qual è la reale infettività». (m.f.)
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