«Ponti sicuri, ma da controllare»

Sabato 18 Agosto 2018
L'INTERVISTA
]TREVISO Per 42 anni ha progettato grandi opere in Italia e in giro per il mondo. Per più di quindici anni ha invece insegnato allo Iuav di Venezia, nel settore ingegneristico è un luminare e per lui parlano venti manuali tecnico-scientifici e varie pubblicazioni di qualità. Armando Mammino, ingegnere trevigiano, è soprattutto un esperto di ponti. E, come tutti, è rimasto colpito dalla tragedia di Genova: il crollo del ponte Morandi, le vittime, il disastro di una città ferita e ora in ginocchio. Per non parlare della psicosi che è scoppiata ovunque, anche nella tranquilla Marca, sulla sicurezza dei ponti che ogni giorno attraversiamo. Mammino, pur con la prudenza dettata dall'approccio scientifico tipico di chi numeri e modelli matematici li mastica ogni giorno, sul punto è però tranquillo: «In provincia di Treviso non ci sono ponti o viadotti malandati, possiamo esserne sicuri. Almeno questa è la mia percezione. Forse quello che dà più segni di ammaloramento è il ponte di Ponte della Priula, molto vecchio ma su cui si sta lavorando. Ma anche quello non mi preoccupa più di tanto: in strutture del genere i segnali premonitori che qualcosa non vada per il verso giusto sono tanti ed evidenti».
E per gli altri ponti?
«Ogni struttura ha una sua storia, una sua progettazione ed è inserita in un particolare contesto. Questo per dire che ognuno è diverso dall'altro, ma in generale possiamo stare tranquilli: si tratta di strutture molto affidabili».
Visto quanto accaduto a Genova sarebbe bene un controllo? Qui come in altre parti d'Italia.
«Nel 2005 la provincia di Trento ha predisposto il controllo di tutti i ponti sul suo territorio e io feci parte dei dieci ispettori chiamati a far parte della commissione: alcuni ponti andavano molto bene, altri male. Utilizzammo un software che incrociava i dati e ci consentiva di individuare la strategia migliore. Un sistema molto buono che, volendo, potrebbe essere riutilizzato».
A Genova cosa è successo?
«Una cosa prevedibile: gli stralli (i tiranti del ponte ndr) erano formati da calcestruzzo con un nocciolo in acciaio, ma un acciaio flessibile. Col tempo l'acqua ha fessurato il calcestruzzo e intaccato l'acciaio. A Genova poi l'azione del salmastro proveniente dall'acqua di mare ha accentuato questo fenomeno. E il decadimento è avvenuto in tempi brevi».
Ma il cedimento di uno strallo può provocare un danno del genere?
«In quel tipo di ponte, e ce ne sono cinque di quel genere nel mondo, sì. Se viene danneggiato un pezzo le campata rimangono senza sostegno per larghi tratti, poi collassa tutto. Come si è visto».
Problemi di manutenzione?
«La manutenzione è stata continua. Ma forse la manutenzione che serviva veramente non è stata fatta del tutto. Ho letto che due stralli, qualche anno fa, sono stati sostituiti perché danneggiati. Ecco: in un ponte come quello, la cosa da fare sarebbe stata di sostituirli tutti. Li si rimetteva fatti solamente d'acciaio e si sarebbe fatto un lavoro migliore».
Adesso quel che rimane del ponte?
«Va abbattuto tutto».
Ha conosciuto l'ingegnere che ha progetto quel ponte, Riccardo Morandi?
«Lui è un nume tutelare del settore ingegneristico, uno dei nomi inseriti nel Pantheon di questo settore: almeno lo era fino all'altro giorno. Quando l'ho conosciuto io ero giovane e lui molto anziano, ho però avuto modo di parlare e confrontarmi con lui in alcuni congressi o in riunioni di lavoro. Ho anche partecipato a diversi studi sulla sua opera».
Paolo Calia
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