Pestaggi in città: presa la baby gang

Domenica 31 Maggio 2020
L'INDAGINE
TREVISO Aggressioni per strada e risse fuori dai locali, spesso provocate con l'unico pretesto di alzare le mani, con il solo obiettivo di sfogare la loro violenza. Prediligevano le armi da taglio, ma si accontentavano anche di cocci di bottiglia, per nulla preoccupati dalle gravi ferite che potevano provocare. Il tribunale di Treviso, accogliendo la richiesta del sostituto procuratore Paolo Fietta, sulla scorta delle indagini della squadra mobile di Treviso coordinata dal dirigente Claudio di Paola, ha emesso due ordinanze restrittive nei confronti di due ventenni responsabili di tre brutali aggressioni avvenute lo scorso anno a Treviso. Si tratta di Jan Seban Roman, 23enne di origini colombiane residente a Dosson di Casier, e di Raoul Diogo Infante, 19enne di origini brasiliane di Nervesa. Sono accusati di lesioni personali volontarie aggravate e minacce e nei loro confronti è scattato l'obbligo di dimora a Casier e Nervesa. Sarebbero loro i principali responsabili dell'agguato teso la scorsa estate a due trentenni lungo il put, all'altezza del ponte de fero. Una delle vittime venne raggiunta da una coltellata alla tempia, che solo per puro miracolo non provocò lesioni gravi. Entrambi sono accusati anche dell'aggressione, avvenuta a novembre, ai danni di un giovane ferito a bottigliate in Fonderia, fuori dal locale Mesdames: i cocci lo raggiunsero al braccio, recidendogli i tendini. Il 23enne è accusato anche di un'ulteriore pestaggio che coinvolse un conoscente.
PER UNA SIGARETTA
Le indagini della squadra mobile che hanno permesso di ricostruire le scorribande dei due soggetti partono il 22 luglio dello scorso anno, quando i due ventenni, accompagnati da un gruppo di una decina di amici, prendono di mira una coppia di ragazzi lungo il Sile. È mezzanotte e sulle mura è appena terminato l'ultimo concerto di Suoni di Marca della serata. Una ragazza si alza dalla panchina sotto l'argine, a ponte de fero, e chiede una sigaretta a due uomini, un manager 36enne e un coetaneo veneziano, di professione veterinario. Accontentano la giovane, ma pochi secondi dopo vengono circondati dal branco. I due ventenni, senza motivo, aggrediscono i trentenni. Stavano semplicemente cercando qualcuno con cui attaccare briga. «Abbiamo cercato di chiamare la polizia - raccontarono le vittime -, ma quei due ci hanno strappato di mano i telefonini e ci hanno preso a calci». È a quel punto che spunta la lama, con cui viene ferito alla testa il veterinario. Il suo volto è una maschera di sangue quando sul put arrivano le forze dell'ordine. L'amico, invece, rimedia un morso così forte da rischiare l'amputazione di un dito. Solo dopo lunghi accertamenti la squadra mobile riesce a ricostruire i fatti. E individua in Roman e Diogo i principali responsabili dell'aggressione.
IN DISCOTECA
L'ondata di violenza però non si ferma, e dopo un pestaggio ai danni di un conoscente del 23enne, di cui non sono ancora stati chiariti i contorni, i due amici tornano alla ribalta una notte di novembre. Sono in Fonderia, e stanno passando la serata al Mesdames, locale che poche settimane dopo verrà chiuso dal questore di Treviso per i ripetuti episodi di violenza registrati fra i clienti. Uno di loro, quella sera, è protagonista di un alterco all'interno del locale, dove viene sfiorata la rissa. Ma è all'esterno che si consuma l'ennesimo agguato. Il giovane viene aggredito da due soggetti che, armati di bottiglia, lo colpiscono ripetutamente. Il vetro si rompe, i cocci si trasformano in armi potenzialmente letali ma nonostante questo il cliente viene colpito ancora all'altezza della spalla e a un braccio. Gli vengono recisi anche dei tendini, che costringeranno i medici ad intervenire d'urgenza per limitare i danni alla mobilità della mano. Anche in quel caso, dopo indagini certosine, gli agenti coordinati da Claudio Di Paola chiudono il cerchio e risalgono ai responsabili dell'aggressione, individuati ancora una volta nei due giovani trevigiani (stranieri di origine, ma entrambi di nazionalità italiani), per i quali la magistratura, sulla scorta delle prove raccolte, ha deciso nelle scorse ore di procedere con la misura restrittiva dell'obbligo di dimora.
Alberto Beltrame
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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