Monsignor Tomasi «Dialogo con la città»

Domenica 15 Settembre 2019
L'INTERVISTA
dal nostro inviato
BRESSANONE (BOLZANO) - Sorride con gli occhi questo gigante buono che ieri è stato ordinato nuovo vescovo di Treviso, nello splendido Duomo di Bressanone, città dalla quale proviene. Monsignor Michele Tomasi qui ha frequentato il seminario dopo la laurea alla Bocconi per poi diventarne rettore fino al 2016. Lascia i suoi amati monti, che ha voluto portare con sé, anche se metaforicamente, nello stemma vescovile con la scritta gratis date ispirato al Vangelo di Matteo. Appena conclusa la cerimonia di ordinazione butta là una battuta per stemperare la tanta emozione: «Devo imparare il trevigiano».
Quali i sentimenti di questa giornata?
«E' un dono per me essere diventato vescovo nella stessa cattedrale in cui ho ricevuto l'ordinazione presbiteriale e diaconale. E' bello vedere tanta gente in chiesa: mi dà gioia e speranza».
Il momento più emozionante?
«Essere sdraiati per terra con una chiesa intera che ti prega sopra. E poi l'abbraccio di pace e il ricordo dei miei genitori, che non ci sono più ma vegliano su di me. E poi mio fratello Roberto, che ha seguito tutta la cerimonia dell'ordinazione, e mi ha consegnato la mitra».
Qualche altro ricordo che ha fissato nella memoria?
«E' stato motivo di gioia che anche il vescovo emerito di Treviso Gianfranco Agostino Gardin sia stato mio consacratore, lui che con paterna saggezza ha guidato la diocesi di Treviso fino ad ora. Sono grato anche che a nome di tutta la diocesi trevigiana don Adriano Cevolotto abbia richiesto all'inizio della celebrazione la mia ordinazione e che assieme a lui ci siano stati così tanti presbiteri e fedeli da Treviso. Ai trevigiani che erano presenti a Bressanone, e a tutti coloro che hanno seguito la cerimonia dalle reti televisive, dico che hanno potuto gustare un poco la mia storia, il mondo da cui provengo e dal quale vengo a loro, con gioia. Verrò presto, desideroso di incontrare l'esperienza di fede del popolo trevigiano, portando con semplicità la mia per camminare insieme».
Cosa porta a Treviso della sua lunga esperienza sacerdotale a Bressanone, dove ha esercitato varie mansioni per 21 anni?
«Sono cresciuto in una diocesi che impara quotidianamente ad ascoltare la parola di Dio nella lingua, nella cultura, nei ritmi, nelle luci e nelle ombre degli altri dei tedeschi, dei ladini, degli italiani senza perdere la fiducia di fronte all'apparente confusione delle lingue. E' in questa diocesi che ho imparato che l'incontro fiducioso con le persone porta a tutti ricche benedizioni, al di là di ogni differenza e incomprensione».
Ha già preso contatto con la realtà trevigiana?
«Sono venuto a Treviso quando ho saputo della mia ordinazione a vescovo. Ho incontrato il consiglio del vescovo e ho cominciato a capire dove sono la curia, la cattedrale. Per conoscere la comunità trevigiana mi ci vorrà più tempo, ma quello non mi manca».
Arriva da una realtà che sposa tre culture e tre lingue diverse. Cosa porterà a Treviso?
«Dalla mia terra porterò la capacità a tradurre, con l'obiettivo di congiungere. A Treviso dirò spesso Non ho capito...per capire meglio. Per avviare il dialogo. L'ascolto porta sempre con sè la parola di Dio».
Le sue speranze?
«Voglio conoscere e farmi conoscere. Spero di poter asciugare qualche lacrima».
Treviso, città leghista. Cosa chiederà ai suoi politici?
«La politica è l'arte meravigliosa di governare una comunità. Pregheremo ogni giorno per i nostri politici. E sono sicuro che le posizioni, nel rispetto necessario, saranno tese al bene comune. Certo, sono un uomo schietto e dirò sempre quello che penso».
Valeria Lipparini
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