«Non sono io il padre del bambino di Irina». Il rifiuto di Mihail Savciuc verso il figlio che portava in grembo la sua ex fidanzata Irina Bacal, è totale. «Io non volevo prendermi cura del bambino ha detto il 19enne nel corso del primo interrogatorio davanti al pm Mara De Donà - non ero neanche sicuro di esserne il padre». Il giovane semina dei dubbi sulla ragazza. «Non so se Irina avesse altre storie dopo che ci eravamo lasciati, il 3 settembre scorso. Lei comunque sosteneva che il figlio fosse mio».
Sarà l'esame del Dna a fugare ogni dubbio. Irina era ancora innamorata di Mihail e lo aveva chiamato circa tre settimane fa, dopo settimane che non si sentivano, per dirgli che era incinta e che lui era il padre del bambino. Si è tenuta questo segreto per cinque mesi. Dopo la telefonata, i due ragazzi si sono incontrati per parlare della sua situazione. Lo ha confermato lo stesso Mihail. «Ci siamo trovati in centro a Conegliano. Mi pare che ci siamo visti una o due volte, non ricordo di preciso». Poi i due ex fidanzati, legati da quella gravidanza, si sono visti ancora una volta prima che Irina partisse per la Moldavia. Mihail ha confermato che la ragazza è andata nel suo Paese d'origine per «cercare un medico che la facesse abortire». Già, perché in Italia l'aborto è lecito entro le dodici settimane dal concepimento o entro i cinque mesi se ci sono gravi motivi che possano compromettere la salute del feto o della madre. Non era il caso di Irina. La 20enne in Moldavia si è fatta visitare dai medici, ma aveva deciso di tenere il bambino. «È tornata il 17 marzo ha raccontato Mihail al pubblico ministero - mi ha contattato tramite WhatsApp e ci siamo visti a Conegliano nei pressi di casa sua, il giorno dopo». E' in quell'occasione che Irina ha detto a Mihail che non aveva abortito perché ci aveva ripensato. E hanno litigato. Poi si sono rivisti il giorno seguente, quello tragico dell'omicidio.
Il funerale di Irina è stato fissato per lunedì 3 aprile, alle ore 15.30, nela chiesa di San Martino. Ci sarà una sola bara.
Sarà l'esame del Dna a fugare ogni dubbio. Irina era ancora innamorata di Mihail e lo aveva chiamato circa tre settimane fa, dopo settimane che non si sentivano, per dirgli che era incinta e che lui era il padre del bambino. Si è tenuta questo segreto per cinque mesi. Dopo la telefonata, i due ragazzi si sono incontrati per parlare della sua situazione. Lo ha confermato lo stesso Mihail. «Ci siamo trovati in centro a Conegliano. Mi pare che ci siamo visti una o due volte, non ricordo di preciso». Poi i due ex fidanzati, legati da quella gravidanza, si sono visti ancora una volta prima che Irina partisse per la Moldavia. Mihail ha confermato che la ragazza è andata nel suo Paese d'origine per «cercare un medico che la facesse abortire». Già, perché in Italia l'aborto è lecito entro le dodici settimane dal concepimento o entro i cinque mesi se ci sono gravi motivi che possano compromettere la salute del feto o della madre. Non era il caso di Irina. La 20enne in Moldavia si è fatta visitare dai medici, ma aveva deciso di tenere il bambino. «È tornata il 17 marzo ha raccontato Mihail al pubblico ministero - mi ha contattato tramite WhatsApp e ci siamo visti a Conegliano nei pressi di casa sua, il giorno dopo». E' in quell'occasione che Irina ha detto a Mihail che non aveva abortito perché ci aveva ripensato. E hanno litigato. Poi si sono rivisti il giorno seguente, quello tragico dell'omicidio.
Il funerale di Irina è stato fissato per lunedì 3 aprile, alle ore 15.30, nela chiesa di San Martino. Ci sarà una sola bara.