Massacro di Rolle: Papa rinviato a giudizio

Sabato 11 Maggio 2019
Massacro di Rolle: Papa rinviato a giudizio
IN TRIBUNALE
Dopo sei ore di discussione in aula e altre due ore di camera di consiglio il Tribunale di Treviso ha rinviato a giudizio Sergio Papa, il 36enne di Refrontolo accusato del duplice omicidio di Loris Nicolasi, 72 anni, e della moglie Annamaria Niola, 69, massacrati a colpi di roncola la mattina del primo marzo 2018 nel giardino della loro abitazione a Rolle di Cison di Valmarino. Il gup Piera De Stefani ha rigettato tutte le eccezioni preliminari presentate da Alessandra Nava, legale di Papa, e ha fissato l'inizio del processo per il prossimo 4 luglio. Il 36enne dovrà rispondere di duplice omicidio volontario aggravato, tentata distruzione di cadavere, furto e incendio.
L'UDIENZA
L'avvocato Nava, dopo l'intervento del sostituto procuratore Davide Romanelli, che ha coordinato le indagini condotte dal Nucleo investigativo dei carabinieri di Treviso, e dell'avvocato Gianluca Rizzardi, nominato dalla figlia della coppia Katiuscia Nicolasi che si è costituita parte civile, aveva chiesto il non luogo a procedere. Il legale ha contestato la legittimità delle intercettazioni telefoniche e ambientali effettuate nell'immediatezza delle indagini e chiesto la rimozione dagli atti dell'album fotografico realizzato dagli investigatori dopo l'arresto di Papa per rintracciare eventuali graffi o segni di colluttazione, in cui l'indagato appare nudo. L'avvocato Nava, mette anche in dubbio la valenza della traccia di Dna, appartenente al 36enne, trovata sotto le unghie di Annamaria Niola ed isolata dal Ris di Parma. «L'esito del test, senza un consulente che ne spieghi la provenienza non significa nulla» ha detto al termine dell'udienza preliminare, aggiungendo di voler convocare «come teste anche il figlio della coppia uccisa Eddi Nicolasi».
IL MASSACRO
La mole di indizi e riscontri presentati dalla Procura però hanno convinto il giudice a rinviare a giudizio Sergio Papa a pochi giorni dalla scadenza dei termini di custodia. Il 36enne era stato arrestato il 10 marzo 2018 dai carabinieri del Nucleo investigativo di Treviso, guidati dal maggiore Giovanni Mura, mentre scendeva da un treno alla stazione di Mestre. Gli investigatori erano sulle sue tracce sin dal primo marzo, quando, nel primo pomeriggio, appena tornata dal lavoro, Katiuscia Nicolasi trovò i corpi privi di vita dei genitori. Erano stati uccisi con un oggetto appuntito, probabilmente una roncola, ma l'arma del delitto non fu mai ritrovata. L'autopsia dei giorni successivi rivelò che Annamaria e Loris erano stati uccisi tra le 7 e le 8 del mattino. Lei aveva diverse profonde ferite al petto, lui anche alla gola. L'assassino lo aveva quasi decapitato prima di cospargerne il corpo di gasolio, per bruciarlo. Ma non ci riuscì. Katiuscia, dopo il ritrovamento, parlò di un ragazzo che la mattina prima si era presentato nell'abitazione dei genitori. Erano stati loro a raccontarglielo. Si trattava di giovane della zona, con problemi di tossicodipendenza. Aveva detto che aveva lavorato per coniugi alcuni anni prima. Probabilmente aveva cercato riparo nel rudere accanto all'abitazione dei Nicolasi, ma era stato scacciato a malo modo. C'era stato un acceso diverbio. Ma il mattino successivo, stando alla ricostruzione degli investigatori, era tornato nel rudere di Rolle e aveva ucciso i Nicolasi. Il movente? Pochi spiccioli, probabilmente per comprare la droga.
LE INDAGINI
I carabinieri si gettano a capofitto sulla pista del balordo, di quel ragazzo avvistato anche da alcuni vicini di casa dei coniugi Nicolasi e allontanatosi a bordo di una Panda bianca, un'auto rubata la notte prima del delitto a Rua di San Pietro di Feletto e ritrovata bruciata il pomeriggio successivo, poche ore dopo il delitto, a Miane. I militari dell'Arma si mettono sulle tracce del 36enne, che sembrava improvvisamente sparito nel nulla. Convocano in caserma i suoi genitori (mettendo sotto controllo anche i cellulari) e alcuni dei suoi amici, incrociano i dati delle celle telefoniche e cercano di tracciare i movimenti del giovane sospettato. Papa però è introvabile, spegne il telefono e comincia a spostarsi in treno tra Padova e Venezia. E una sera, di fronte alla tivù di un albergo di Monfalcone con un amico, il 32enne marocchino di Mogliano Charaf Eddine Bilali, teste considerato fondamentale dall'accusa e rintracciato successivamente benché latitante (per altri reati), dopo aver visto un servizio al telegiornale, Papa avrebbe confessato il duplice omicidio. Fu Bilali a rivelarlo. Una versione quest'ultima sin dal principio contestata e ritenuta inattendibile dalla difesa del 36enne, che venne individuato l'8 marzo, quando accese il cellulare per mandare un messaggio d'auguri alla mamma, nel giorno della Festa della donna. Due giorni dopo venne intercettato a Mestre e arrestato.
L'IMPUTATO
Papa, ricurvo sulle carte dell'inchiesta nel suo maglione bianco, ieri ha sussultato quando è stato deciso il rinvio a giudizio. Lui si è sempre dichiarato innocente. «È ovvio che sia scosso - afferma l'avvocato Nava -. Si aspettava anche lui che alcune delle eccezioni proposte venissero accolte. Si tratta di un processo indiziario, vedremo cosa succederà al dibattimento. Dal nostro punto di vista la partita è tutta giocare. A partire da quella traccia di Dna, che secondo noi può avere molte spiegazioni scientifiche».
Alberto Beltrame
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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