Le cene spazzate via ristoranti in ginocchio

Lunedì 26 Ottobre 2020
IL PROVVEDIMENTO
TREVISO La ristorazione torna nel baratro. Il provvedimento governativo che prevede la chiusura alle 18 è una mannaia visto che taglia fuori le cene e che, tra smartworking e limitazioni al numero di commensali, i pranzi rappresentano davvero piccole briciole nei bilanci dei ristoranti, che potranno contare sempre meno anche su banchetti e feste della domenica. A Treviso sta già montando la rabbia tra i ristoratori, che non possono che allargare le braccia. «Questa è la disfatta di Caporetto -, afferma Giacomo Benvengnù dell'Incontro di Treviso -, ho accettato e capito la chiusura precedente, non questa: non c'è rispetto per la nostra categoria. Il Covid non circola solo di sera o a pranzo, quando tra l'altro lavorano più che altro i bar».
LA PROPOSTA
Benvegnù sarebbe stato pronto ad accettare piuttosto un compromesso. «La chiusura alle 22 sarebbe stata una possibilità percorribile, abituando al clientela a una stile diverso, recuperando almeno una parte delle spese». Alfredo Sturlese di Toni Del Spin la vede ancora più nera: «È come metterci in una bara: non ci eravamo ancora ripresi dal primo lockdown ed eccoci di nuovo. Le cose si stavamo mettendo bene e novembre è un buon mese per il nostro settore. Ora ci toccherà inventarci qualcosa: ci toccherà darci all'asporto visto che abbiamo ancora molte provviste, appena ordinate, di cui non possiamo disfarci come abbiamo fatto in primavera, perdendo migliaia di euro».
LO SCONFORTO
Il problema riguarda anche i pranzi dei fine settimana, compresi i banchetti, ormai definitivamente saltati, di cresime, compleanni o feste di nozze. «Neanche i fine settimana ci possono salvare - riflette Simone Pasin della Pasina di Dosson -. Anche noi proveremo a dedicarci al servizio d'asporto la sera, ma è un vivere alla giornata, non so quanto possa ripagare di sforzi e spese». Per Guido Albertini di Visnadello, a conti fatti, l'effetto dell'applicazione delle nuove norme sarà poco dissimile a una chiusura. «Perdiamo il 90 per cento del lavoro - afferma -, perchè col ristorante, domenica a parte, lavoriamo solo la sera. Abbiamo sempre rispettato tutte le procedure e i protocolli, e non siamo mai incappati in problemI». Andrea Procida del noto locale di Spercenigo spera che la clientela possa cambiare abitudini. «Speriamo che la gente venga a pranzo visto che non può uscire a cena, anche se non è la stessa cosa, non è una soluzione. Mancherà il piacere della tavola e della convivialità della cena. Questo provvedimento ci colpisce pesantemente, sembra quasi ci sia un accanimento verso la nostra categoria». Celeste Tonon dal Montello ci va giù ancora più pesante. «È un vero dramma. Qui si ferma tutto: dalle cene fra amici a quelle di lavoro, ai momenti conviviali di associazioni benefiche».
ENORME DIFFICOLTA'
Eddy Furlan della Panoramica di Nervesa spiega bene lo stato d'animo di tutta una categoria: «In questo lavoro ci mettiamo grinta, passione, entusiasmo, ma questi provvedimenti ci mettono molto in difficoltà. Nella zona montelliana, come in altri ristoranti, la gente viene a cena più che a pranzo». La preoccupazione non manca: «Ora vediamo come fare, cambia il nostro lavoro e l'asporto non è una soluzione, quindi speriamo che qualcuno ci ripensi e ci lasci lavorare». Nel coneglianese ecco Enrica Miron del ristorante Alle Betulle. «È una batosta -afferma Enrica- , chi ci ripaga di questa situazione? A pranzo da noi il lavoro è pochissimo, diciamo il 10%, massimo il 20% , si lavora alla sera. Io essendo abbinata all'hotel posso tenere aperto la sera, ma quanti ospiti ci saranno da qui innanzi negli allberghi»? Dalla tranquilla Miane Luigi Bortolin (Gigetto) aggiunge: «Meno male che ci lasciano il pranzo della domenica: dobbiamo puntare tutto su questa giornata, continuando a sperare che la gente riesca a muoversi di più a pranzo. Certo è che la situazione è dura, e non sarà facile andare avanti così per molto».
IL GELATIERE
«Questa è la mazzata finale» è il commento di Beppo Tonon, il noto gelatiere, fondatore di Ca' Lozzio. La figlia Elena l'ha riportato sui social, esprimendo il sentimento di migliaia di esercenti. «Questo è mio papà -ha scritto Elena- Un uomo che si è fatto dal niente, dalla povertà di una famiglia di mezzadri veneti. È lì immobile il Beppo, seduto, pensieroso dopo aver scoperto che dobbiamo chiudere la nostra attività alle ore 18.«Questa è la mazzata finale» mi ha detto. A me dispiace, ma io non ci sto. Non siamo gente che va a dire in giro che il Covid non esiste, siamo gente che ha sempre avuto una dignità. E la rivogliamo. Ce la faremo papà!».
Michele Miriade
(ha collaborato
Annalisa Fregonese)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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