LA TESTIMONIANZA
TREVISO «Mio Dio sono sconvolto, io e Paolo eravamo molto

Lunedì 20 Maggio 2019
LA TESTIMONIANZA
TREVISO «Mio Dio sono sconvolto, io e Paolo eravamo molto più che soci, lui era una parte della famiglia». È sotto choc Marino Giacomin, che da oltre tre decenni portava avanti l'impresa L'Automazione Trevigiana di via Fratelli Cervi a Fontane di Villorba insieme a Paolo Tamai, il 63enne di ucciso ieri mattina nella sua casa di via Nerbon a Silea dalla fucilata sparata dal suocero 91enne che lo ha raggiunto in pieno volto senza lasciargli via di scampo. La notizia della tragedia Giacomin l'aveva appresa in mattinata sui siti di informazione internet. «Stavo dando una occhiata alle notizie, ho letto quello che era successo, non potevo crederci. Mi si è fermato il cuore, mi sono sentito male».
SOCI E AMICI
Giacomin e Tamai si conoscevano e avevano lavorato insieme per 30 anni facendo crescere la loro azienda di produzione di motori elettrici, fianco a fianco in una lunga cavalcata che ricorda la via del successo percorsa da tanti piccoli imprenditori della Marca: voglia di fare, sacrifici, tanto impegno. Una forza e una determinazione che avevano consentito anche di scavallare gli anni duri della crisi «Eravamo molto più che partner di lavoro - racconta con la voce rotta dall'emozione - eravamo amici, veri amici. Abbiamo fatto così tanta strada insieme, sempre insieme. Paolo era una persona gentile, dedicata al lavoro e alla famiglia, generoso».
LE CONFIDENZE
Con Giacomin qualche volta si era aperto parlando dei problemi con il suocero che ormai andavano avanti da tempo. «Non è mai entrato nei particolari - precisa l'amico e socio della vittima - ma in più occasioni mi aveva detto qualche cosa dei problemi con suocero. Un clima che si era fatto gradatamente sempre più insostenibile e che condizionava anche i rapporti nella sua di famiglia. Era un martirio a cui non riusciva a sottrarsi dato che erano vicini». Problemi di soldi, vecchie ruggini familiari? Giacomin non lo dice. «Io non ho mai insistito, parlavamo un po' di queste cose quando lo faceva Paolo. Non credo che la ragione dell'astio fosse legata a questioni finanziarie ma potrei sbagliarmi, piuttosto penso di aver capito che era un rancore personale, qualche bega familiare che non si era mai risolta. Ogni volta mi diceva: è successo ancora».
GLI INSULTI
Perché, a quanto ne sapeva Giacomin, non passava giorno senza che in quella casa di via Nerbon non scoppiasse un litigio. «Paolo riferiva che il suocere lo prendeva a male parole e attaccava briga ogni volta che lo vedeva. Alla mattina, quando il mio amico andava al lavoro. O alla sera, quando tornava. Lo aspettava, lo vedeva e scoppiava una lite». Non vuole parlare oltre Marino Giacomin. Per tutto ieri si è aggrappato all'affetto della moglie, che ha trascorso la giornata a rispondere alle decine e decine di telefonate - arrivate al loro numero fisso della casa in Via Tiepolo a Treviso - da parte degli amici sconvolti dalla notizia che continuano a voler sentire Marino per sapere come stava e per testimoniare la loro vicinanza. «L'ho saputo quasi per caso - ripete - non volevo crederci, non potevo crederci. Eravamo così legati, adesso davvero mi mancano le parole...».
LO SCONCERTO
Giacomin è stato uno dei pochi ad avvicinarsi ieri mattina ai familiari di Tamai. Sulle sua spalla ha pianto a lungo anche Jessica, la figlia minore del suo socio, alla quale ha cercato di prestare conforto in un momento di grande rabbia e dolore. «Paolo era una brava persona, un uomo buono, non si merita tutto questo» è il refrain mentre all'improvviso, sentito al telefono, si fa zittire dal dolore. «Vi prego, non chiedetemi altro, non saprei cosa dire e non voglio dire nulla. È una giornata tremenda, per me è come se fosse scomparso uno di famiglia, un amico che mi mancherà tantissimo». All'incredulità iniziale pian piano si sostituisce lo sconforto, la consapevolezza che indietro non si torna, che Paolo, il compagno con cui grazie alle fortune economiche si sono costruiti una esistenza, non c'è più. La vita va avanti. «Ma senza Paolo non sarà la stessa cosa».
Denis Barea
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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