LA TESTIMONIANZA
CASTELFRANCO «Ho deciso che comprerò le tute a mie

Martedì 1 Dicembre 2020
LA TESTIMONIANZA CASTELFRANCO «Ho deciso che comprerò le tute a mie
LA TESTIMONIANZA
CASTELFRANCO «Ho deciso che comprerò le tute a mie spese: le poche che ci hanno dato servono per fare i tamponi. Sarò una dottoressa di questo tempo Covid. Ma andrò a domicilio a piedi, almeno rischierò solo io». A parlare è Oriana Maschio, medico di famiglia di 59 anni, specializzata in Cardiologia, con ambulatorio in borgo Montegrappa a Castelfranco. Il messaggio affidato a Facebook nasce da un momento di amarezza. Dopo aver seguito a distanza uno dei suoi pazienti positivi al Covid, definendo la terapia, monitorando tutti i parametri, attivando il servizio per l'erogazione dell'ossigeno e i medici delle Usca per l'intervento a domicilio, si è sentita dire dallo stesso paziente che aveva avuto la sensazione di essere stato abbandonato. «Semplicemente non sono andata io scrive Maschio non ho una tuta e non ho chi mi aiuta a svestirmi, momento delicato in cui facilmente ci si infetta. Non ho un'auto di lavoro che può essere sanificata. Se si propaga l'infezione, dopo ci saliranno i miei cari e farò del male anche a loro. Ma è questo che serve, è questo che rende visibili: l'abito da astronauta che ti farebbe essere scenografica». Da qui la decisione di comperarsi delle tute per intervenire in prima persona, se necessario.
Dottoressa Maschio, com'è cambiata l'attività del medico di famiglia alla luce dell'emergenza coronavirus?

«Si è sviluppata una medicina che è più dietro le quinte. Oggi nel nostro gruppo ci dividiamo tra chi segue le visite in ambulatorio e chi fa i tamponi rapidi. Il nostro lavoro in questo periodo si svolge in particolare attraverso telefonate, mail e anche messaggi via WhatsApp. Senza scordare la lettura degli esiti degli esami, che ci vengono lasciati in copia. E a questo si aggiungono tutte le attività a domicilio per problemi cronici e così via».
Come si possono fare le visite a distanza?
«Anche ascoltando la tosse per telefono, ad esempio. Noi medici di famiglia siamo chiamati a decisioni importanti. Siamo in mezzo a servizi che non bisogna riempire e a preoccupazioni dei pazienti alle quali bisogna rispondere. Tra il rischio di essere a nostra volta contagiati e l'attività che va sempre e comunque garantita. Di fatto non abbiamo dispositivi di protezione per andare a casa dei pazienti positivi. E sentiamo una grossa responsabilità».
E' cambiato il metodo.
«Attraverso le visite telefoniche capiamo se i pazienti hanno la necessità di venire in ambulatorio, se dobbiamo andare noi a domicilio, se bisogna attivare altri servizi o se si può gestire il problema anche via telefono. E' in atto una trasformazione della sanità. Magari gli ambulatori possono sembrare vuoti, ma in realtà c'è un enorme lavoro che viene fatto dietro le quinte. Anche in cittadini si stano adattando. In questo periodo, però, è una valanga».
I medici di famiglia con studio a Castelfranco, in particolare, si sono riuniti in un gruppo WhatsApp, arrivato a contare una ventina di camici bianchi. A cosa serve?
«Lo usiamo per dialogare e confrontarci su casi specifici, in tempo reale. Non è previsto a livello istituzionale. Però è uno strumento che ci consente di lavorare ancora meglio. Siamo in prima linea. E mai come ora è necessario muoversi assieme per risolvere i problemi».
E come procede con i tamponi rapidi per il coronavirus?
«Quando il servizio è attivo, ne facciamo uno ogni cinque minuti, in media. I test iniziano a scarseggiare. Io ho fatto il primo a un paziente con cefalea e qualche linea di febbre. Ed è risultato positivo. Si è fatto tanto rumore, come se i medici di famiglia non avessero voluto eseguire i tamponi. In realtà il problema era legato alla sicurezza. La nostra sede si presta per l'esecuzione dei test all'aperto. Per altre, invece, non era così. Detto questo, siamo in una regione dove a livello generale è stato possibile eseguire veramente tanti tamponi. Non va dimenticato».
Ma. Fa.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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