LA MANIFESTAZIONE
TREVISO Piazza dei Signori scoppia del cosiddetto popolo delle

Martedì 27 Ottobre 2020
LA MANIFESTAZIONE
TREVISO Piazza dei Signori scoppia del cosiddetto popolo delle partite iva. All'appello di Treviso Imprese Unite rispondono in oltre 2mila, dai lavoratori degli spettacoli ambulanti ai ristoratori, dai gestori di pub e bar ai commercianti, dai lavoratori dello spettacolo ai proprietari di palestre agli amministratori delle piscine. Tutti per dire no al più recente dei Dpcm firmati dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che di fatto impone lo stop alle città a partire dalle 18 con i locali pubblici chiamati ad abbassare le serrande e che segna la fine ad allenamenti e nuotate. Molti gli slogan tutti diretti contro il governo. «Mi avevano detto di non venire - dice l'assessore al turismo della Regione Veneto Federico Caner - che ci sarebbe stato il rischio di essere aggrediti dalla folla. Ma io non ho paura dei trevigiani, ho paura di 4 persone da Roma che non hanno mai lavorato un giorno e non capiscono». Ovazione.
LA RABBIA
Lasciateci lavorare recitano i tanti cartelli alzati dagli oltre 2mila che riempiono la piazza (con pochi distanziamenti) e vicolo Barbieria fino ad arrivare lungo il Calmaggiore da un lato e sotto la Loggia dei Trecento dall'altro. Ladri, si sente un coro che si alza dalla piazza, con 600 euro ci vivete voi fa eco qualcun altro. «Io da marzo ho fatto -80% di fatturato - tuona Simona Gabri, titolare di una azienda che fornisce servizi di consulenza alle aziende - ha pagato tutti, fornitori e collaboratori e adesso non ho più niente. E il fisco? Io al fisco italiano disubbidisco». «Abbiamo investito tanto sulle misure di sicurezza - dice Loris Gatto, proprietario del Tv Burger, ieri sera in piazza in rappresentanza di tutti i ristoratori della provincia - e adesso mi dicono che devo chiudere. Ma io di focolai nel mio locale non ne ho registrato neppure uno, pub e ristoranti sono un posto sicuro e quei colleghi che hanno registrato qualche infezione hanno fatto esattamente quello che prevedeva il governo, cioè hanno chiuso. Con la serrata anticipata alle 18 perdiamo circa il 70% del nostra fatturato. Cosa vogliono, farci morire tutti? Perché mentre noi stiamo fermi le spese vive galoppano. In città hanno già detto basta una trentina di locali, se si va avanti così abbasseremo le serrande tutti». «Il governo - è il giudizio del sindaco di Treviso Mario Conte - avrebbe dovuto mettere sul piatto i ristori e contestualmente dire che chiudeva. Dietro le tante partite Iva che presenti stasera (ieri per chi legge n.d.r.) c'è una persona che lavora, ci sono famiglie, c'è un dignità che non merita di essere buttata via in questo modo. Facciano come negli altri paesi, dicano subito che risorse ci sono a disposizione e quanto avrà la singola attività, così si crea troppa incertezza e la pazienza della gente non regge più».
RIVOLTA SOCIALE
Dal palco parla Mauro Varisco, una famiglia che ha fatto del vetro la sua vita artistica e professionale, che si esprime «a nome di un settore che non è più in difficoltà ma è morto»; e poi c'è l'ideatore della serata di ieri, quell'Andrea Penzo Aiello che sugli aiuti del governo sostiene che «hanno trovato 5 miliardi per circa 500 mila imprese, una inezia per chi ha speso migliaia di euro per predisporsi alla riapertura dello scorso maggio. E intanto a molti nostri dipendenti deve ancora arrivare da mesi la cassa integrazione. E sapete cosa sono costretti a fare? Ci mandano messaggini chiedendo 50 euro per poter acquistare la spesa perché non ce la fanno più». Sul palco è il turno di Federico Capraro, in rappresentanza dell'Ascom Confcommercio di cui è il presidente. «Vogliono curare - tuona col microfono in mano - la pandemia sanitaria ma non si rendono conto che qui sta per scoppiare un pandemia sociale». La piazza approva. «Roma è distante - prosegue - mi appello ai nostri sindaci, alle rappresentanze istituzionali del territorio: vi abbiamo votato, adesso tocca a voi rappresentarci al meglio». «Il punto non è tanto la chiusura dei bar alle 18 - dice Gilda Di Cosimo, titolare di un negozio di moda del centro - ma quello che rappresenta. Senza i bar la città muore e questo è un colpo di grazia anche per un settore come il mio, in cui formalmente tutto è come prima ma di fatto tutto è cambiato. Una cosa è certa: se devo fallire voglio che sia per colpa mia, non per volontà di un governo».
Denis Barea
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci