«La Docg deve voltare pagina Io presidente? Sarei onorato»

Giovedì 23 Gennaio 2020
«La Docg deve voltare pagina Io presidente? Sarei onorato»
L'INTERVISTA
CONEGLIANO «La presidenza del Consorzio? Sarei onorato. Oggi però è davvero prematuro fare proiezioni, a marzo si voterà. Ma se il consiglio di amministrazione dovesse chiedermelo mi metterei a disposizione». Lodovico Giustiniani, 50 anni, marito della contessa Caterina Collalto e amministratore delegato di Borgoluce oltre che presidente di Confagricoltura Veneto, siede in terza fila, insieme agli altri cinque designati nel consiglio della nuova associazione Unesco. Il suo nome, ieri, è improvvisamente rimbalzato sui media. Sono in molti a guardare con interesse la sua escalation nel mondo della Docg. Oggi la nomina a rappresentante delle bollicine superiori all'interno dell'associazione Unesco. Domani chissà.
Si aspettava questa nomina?
«Mi aspettavo un cambiamento. Siamo un consiglio in scadenza, abbiamo messo a segno risultati importanti come il raggiungimento Unesco. Oggi si tratta però di mettere a punto nuove strategie».
In continuità o in rottura col passato?
«In continuità senza dubbio. Ma con un'impostazione diversa. E' necessario voltare pagina».
Cosa si sente di dire al Presidente Nardi, che ha avuto il merito di portare questa iscrizione che equipara le colline al Gran Canyon o alle cascate del Niagara?
«Come ha sottolineato anche il Governatore Zaia, si è trattato di un lavoro di squadra. Bisogna dare atto al Consorzio e al Presidente di essere stato il fautore iniziale di questo progetto a cui si sono poi aggiunti gli stakeholders del territorio. A Nardi va dato il merito di aver saputo mantenere un equilibrio tra le diverse anime della Docg. Ma, se a Baku abbiamo ottenuto questo risultato, il ruolo essenziale è stato quello giocato dalla Regione Veneto».
La sua nomina all'interno dell'associazione Unesco è un'anticamera a un ruolo di primo piano anche in seno alla Docg?
«Prima di parlare di uomini e di candidati, bisogna parlare di programmi e di obiettivi. A fine marzo saremo tutti in scadenza e tutto verrà messo in discussione. Io oggi inizio a lavorare per l'associazione Unesco. Questo riconoscimento impone una grande sfida al nostro territorio. Dobbiamo lavorare per unire, non per dividere, con l'idea ben chiara di dove vogliamo andare».
Come membro del Consiglio di amministrazione su cosa lavorerà?
«Sulla valorizzazione del prodotto. L'Unesco, è bene ricordarlo, non è solo portare turisti. Le colline entrano come l'unico paesaggio viticolo al mondo. Questo significa che il riconoscimento ha voluto mettere in luce la tutela di un territorio in cui il lavoro dell'uomo è stato fondamentale per disegnare un paesaggio che esprime un prodotto di valore».
Il nome Prosecco è stato messo in discussione nella Docg. Una parte ritiene che l'unico modo per marcare la differenza e tutelare il vino di collina sia rinunciare al nome. Per i produttori più glocal invece è follia perderlo. Secondo lei Prosecco si o Prosecco no in etichetta?
«Il Conegliano Valdobbiadene rappresenta la storia del Prosecco, oggi questo vino viaggia sui circa 90 milioni di bottiglie. Il nome Prosecco ha molta importanza e deve rimanere in etichetta. Sempre, però, vicino alla denominazione Conegliano Valdobbiadene. Dobbiamo far capire la differenza, ma, insieme dirci la verità. Oggi non siamo pronti a lasciare il nome Prosecco».
Da due anni la Docg non ha un direttore. Questo è stato un tema particolarmente diviso all'interno del consorzio. Cosa ne pensa?
«Tutte le strutture di un certo peso devono avere un direttore. E il suo ruolo è complementare ma diverso rispetto a quello di un presidente. Io sono convinto che i presidenti debbano fare i presidenti, e i direttori i direttori».
Se a marzo, dopo le elezioni, dovesse emergere convergenza sul suo nome, cosa farebbe?
«Io da anni milito all'interno del Consiglio. Sotto un certo profilo rispondo che ho già dato e potrebbe bastare così. Se ci fossero anche forze e mentalità nuove le vedrei con favore, perchè abbiamo bisogno di un'evoluzione».
Ma se glielo chiedesse il nuovo Cda lei si metterebbe a disposizione?
«Non sarebbe certo un onere, ma un onore».
Elena Filini
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