L'INCHIESTA
VITTORIO VENETO La Procura di Treviso ha aperto un fascicolo per

Giovedì 24 Ottobre 2019
L'INCHIESTA
VITTORIO VENETO La Procura di Treviso ha aperto un fascicolo per omicidio a carico di ignoti per chiarire i contorni della morte di Renato Fava, marmista 62enne di Vittorio Veneto deceduto lo scorso 23 settembre per emorragia cerebrale dopo quattro giorni di agonia in ospedale a Conegliano. Presentava evidenti ecchimosi alla nuca, alla tempia sinistra e sulla fronte, nonché una frattura delle ossa nasali. Per questo, ieri mattina, la Procura ha disposto la riesumazione del suo corpo dal cimitero di Ceneda: l'ipotesi è che non sia semplicemente caduto come inizialmente pensato, ma che sia stato aggredito.
LE INDAGINI
Nulla finora aveva fatto pensare a uno scenario diverso da quello di un semplice incidente: Fava era crollato a terra, la sera del 19 settembre, mentre si trovava a pochi passi dal bar trattoria Portafortuna di Sant'Andrea, in via Carso, ma aveva tranquillizzato clienti ed amici dicendo che non si trattava di nulla di grave, che si sentiva bene. Nel corso della notte però, accompagnato a casa di una conoscente, la situazione è precipitata e poche ore dopo, al mattino, il 62enne era privo di sensi. Il 27 settembre a Ceneda sono stati celebrati i funerali dell'operaio, la cui vita funestata di sfortuna lo aveva costretto a vivere ai margini, trasformando una stanza sotterranea dell'ex supermercato di via Carducci, la Coop.Ca, in un giaciglio di fortuna. Poi però le voci che già circolavano in paese si sono fatte più insistenti: «Non è caduto da solo, è stato aggredito». È così le sorelle del 62enne hanno chiesto aiuto ai carabinieri di Vittorio Veneto del comandante Giuseppe Agresti, che ora stanno cercando di ricostruire le ultime ore di vita del marmista. Per questo, su disposizione del sostituto procuratore Gabriella Cama, ieri mattina gli operai del Comune hanno riesumato dal cimitero di Ceneda il corpo di Renato Fava, sottoposto ieri pomeriggio all'esame autoptico. La perizia, eseguita dal medico legale Alberto Furlanetto, non avrebbe però del tutto chiarito se quei traumi siano riconducibili a una semplice caduta oppure se qualcuno abbia colpito il 62enne.
L'ULTIMA SERA
Renato Fava, la sera del 19 settembre scorso, era un giovedì, era rimasto fino alle 20.45 al Cafè D'Essai di via dell'Artigianato, conosciuto anche come Bar Auto. Nel locale era quasi di casa, ma dopo la chiusura si era spostato verso Sant'Andrea e aveva raggiunto, a piedi, la trattoria Portafortuna, gestita da una famiglia cinese. Prima di arrivare, lungo la pista ciclabile che costeggia il liceo scientifico Flaminio, sarebbe caduto a terra, sbattendo violentemente la testa sull'asfalto o su un muretto. È qui che l'indomani è stato ritrovato il suo borsello (dal quale non è sparito nulla), ancora cosparso di sangue, accanto ad alcuni fazzoletti con i quali si era pulito. L'ipotesi però sulla quale ora stanno indagando i carabinieri è che non si sia trattata di una semplice caduta, magari dettata dalla stanchezza o dall'alcol, ma che il 62enne sia stata picchiato da qualcuno. Eppure, quando poco dopo si è presentato al bancone della trattoria Portafortuna, Renato Fava aveva assicurato a tutti di stare bene. «State tranquilli - aveva detto -, sono caduto, non è niente di grave». Aveva forse paura che chi lo aveva picchiato gliel'avrebbe fatta pagare? Oppure aveva davvero fatto tutto da solo.
SOCCORSO DA UN'AMICA
Renato è rimasto al bar di Sant'Andrea per circa un'ora assieme a un amico, Luca, 40enne di Serravalle. Quest'ultimo lo aveva pure invitato a cena a casa sua, ma il 62enne si era rifiutato. «Vado a letto», gli aveva risposto. Le sue condizioni non sembravano preoccupanti, e lui continuava a minimizzare. Ma è stata poco dopo un'amica, Teresa, a trovarlo e a offrirgli ospitalità a casa sua e del marito. La coppia, già in passato, aveva prestato aiuto al marmista. E quel giovedì sera si vedeva che Renato non stava bene. Ma di andare in ospedale non ne voleva sapere. Solo alle prime ore del mattino la donna si è resa conto di quanto grave fosse la situazione: il 62enne non si alzava più dal letto, non si svegliava. L'emorragia era ormai diffusa. Fava è stato quindi portato all'ospedale di Vittorio Veneto in ambulanza e poi trasferito a Conegliano, dov'è deceduto il lunedì successivo. Tanti, troppi però i dubbi su cosa sia realmente successo, tanto che la Procura, ritenendo fondati gli interrogativi posti dalle sorelle di Fava e dai carabinieri, ha disposto la riesumazione del suo corpo.
Alberto Beltrame
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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