L'INAUGURAZIONE
TREVISO Era sparito dallo skyline della città l'antico chiostro

Domenica 13 Giugno 2021
L'INAUGURAZIONE
TREVISO Era sparito dallo skyline della città l'antico chiostro di Santa Margherita. Dal 7 aprile 1944. Per questo Treviso, quasi, non se ne ricordava più. È stata un'emozione entrarci ieri, per la cerimonia di inaugurazione del nuovo museo Salce. Come se uno spazio fosse stato restituito alla memoria collettiva della città. «Tutto ciò che è stato possibile recuperare- spiega il Direttore Generale dei Musei del Veneto- è stato riportato in vita. Insieme alla pianta originale e agli spazi così come erano concepiti». Grazie alla tenacia e all'amore di Chiara Matteazzi, responsabile degli interventi del Nuovo Salce e al supporto di tutte le forze economiche della città, è stato possibile recuperare l'antico chiostro, che ora diventa uno spazio vivo.
L'ATTESA
La canicola del primo giorno ufficiale d'estate fa da fondale ad una doppia inaugurazione. Da un lato la grande mostra dedicata a Renato Casaro, ultimo cartellonista del cinema. Dall'altro l'apertura ufficiale del nuovo museo. C'è attesa, e fibrillazione: sette anni di lavori per sette milioni di euro d'investimento messi da Ministero e Regione. E quando tutto era pronto, uno un stop forzato di 6 mesi per colpa del Covid. Ma oggi finalmente la parola rinascita ha un senso.
IL PERCORSO
Uscendo dal chiostro e tornando verso l'ingresso ufficiale si aprono gli spessi portoni della Collezione Salce. Ad attendere, dentro, c'è un mondo che proietta Treviso nei design dei musei europei. La struttura antica è stata completamente risanata, tutti gli affreschi parietali sono visibili e riportati alla luce. Le enormi volute sono il fondale per un racconto ad immagini che è divulgazione, comunicazione e fantasia. All'ingresso una biglietteria in stile ottovolante, due sedute di design il bookshop con pubblicazioni d'arte e un maxischermo su cui il visitatore trova una serie di informazioni e approfondimenti in quattro lingue. Si imbocca un lungo corridoio. E a scorrere per il visitatore è la storia di Santa Margherita. La cappella dei Fiorentini, frequentata da Dante e da suo figlio Pietro, i corsi e ricorsi storici, la presenza delle truppe di Bonaparte nel 1810 e il tramonto Poi il riutilizzo post-bellico come palestra, con gli allenamenti delle squadre di pattini a rotelle. E infine la chiusura. Tutto documentato con foto e schede.
IL CICLO SALVATO
In fondo al corridoio alla vista si aprono le cappelle. La prima conteneva il ciclo di Sant'Orsola, staccato e salvato dall'abate Bailo ed oggi a Santa Caterina. Prima meraviglia: i video fanno riemergere dai muri l'opera di Tomaso da Modena, esattamente nei punti di collocazione. Si apre poi una seconda cappella, vestita grazie al videomapping con le proiezioni dei cartelloni di Renato Casaro. E infine la terza cappella è una sala per ipovedenti (l'opera scelta è un The nel Deserto di Bernardo Bertolucci) e l'aula didattica.
IL CUORE
Il cuore di Santa Margherita è occupato da un parallelepipedo alto due piani: tre colonne e scaffali interni per contenere e conservare quasi 50 mila manifesti Salce. Un totem ipertecnologico che salva la magia delle reclame pubblicitarie dalla fine dell'Ottocento ad oggi ed è il cuore del restauro. Qui i manifesti della collezione saranno restaurati e conservati in condizioni ottimali. In cima al totem si apre una magnifica terrazza, vera e propria sede espositiva dove oggi trova spazio una parte importante della collezione di Casaro. Il Museo ha un cuore antico e ipertecnologico insieme. E propone un'emozione immersiva. «Credo che L'abate Bailo che ha salvato il ciclo di Sant'Orsola, Bepi Mazzotti che ha sottratto dalla distruzione la collezione di Nando Salce e lo stesso Salce sarebbero fieri di noi» ha commentato con emozione l'assessore Lavinia Colonna Preti. Santa Margherita, che ha atteso altri 6 mesi prima di poter essere inaugurata a causa della pandemia, è una magnifica larva, come hanno affermato gli autori del restauro. Fino a dicembre esporrà una selezione dei più importanti cartelloni cinematografici di Renato Casaro. Poi, sempre in tandem con il complesso di San Gaetano, porterà a emersione tutti gli strepitosi pezzi della collezione Salce. Nasce ufficialmente il primo museo della pubblicità italiano. Come in molte storie del cinema, un happy end.
Elena Filini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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