L'esordio è quasi sempre improvviso. E sconvolge familiari e pazienti. Questi

Venerdì 12 Novembre 2021
L'esordio è quasi sempre improvviso. E sconvolge familiari e pazienti. Questi
L'esordio è quasi sempre improvviso. E sconvolge familiari e pazienti. Questi ultimi a volte sono giovanissimi, e magari il giorno prima di accusare i primi sintomi hanno giocato a calcio o a tennis. Poi compare un po' di stanchezza, e quindi dallo star bene alla consapevolezza della malattia che culmina con il ricovero, passa pochissimo tempo. Uno tsunami fisico, psicologico ed emotivo che nella maggior parte dei casi evolve con un lieto fine, ma che a volte porta a un epilogo infausto.
Le malattie del sangue, infatti, hanno un'insorgenza rapida, soprattutto se si tratta di leucemie mieloidi acute o linfoblastiche, che colpiscono soggetti di ogni fascia di età. Uno dei centri eccellenza per la diagnosi e la cura di tali patologie, e dei linfomi di Hodgkin, diffusi prevalentemente tra gli under 30, è l'Unità di Oncoematologia dello Iov di Castelfranco, diretta dal dottor Michele Gottardi: sorta nel 2019, mette a disposizione dei malati un reparto dedicato, un ventaglio terapeutico all'avanguardia e degenze in un padiglione a ridotta carica batterica, per tutelare i soggetti immunodepressi.
I NUMERI
«Ogni anno - sottolinea lo specialista - abbiamo una crescita costante di pazienti e di ricoveri, con un incremento negli ultimi mesi addirittura del 200%: la percentuale sia ben chiaro, non riguarda l'incidenza della malattia, bensì si riferisce ai malati che si sono rivolti al nostro Istituto Oncologico Veneto, il quale a poco tempo dall'attivazione si è guadagnato la fiducia della gente. I casi sono stabili e comunque aumentano con l'avanzare dell'età, anche se ci sono delle patologie specifiche come i linfomi che invece colpiscono prevalentemente i giovani».
I dati evidenziano l'incremento dell'attività del centro specialistico di Castelfranco: a ottobre 2020 i ricoveri erano 7/8 al mese, e adesso sono triplicati, toccando quota 30 (le degenze durano in media 25-30 giorni); a gennaio di quest'anno gli accessi al day hospital sono stati 387, con 130 pazienti sottoposti a chemioterapia, mentre nel settembre scorso sono diventati 604, con 180 chemio. Infine, le prime visite nel quadrimestre iniziale del 2020 erano state 167, balzate a 270 nel medesimo periodo del 2021. Una mole di lavoro garantita dal direttore e da 4 collaboratori, che da due settimane sono diventati 6; oltre a Gottardi, gli specialisti sono Roberta De Marchi, Nilla Maschio, Alessandra Sperotto, Angelica Spolzino, Roberto Sartori e Paolo Radossi, a cui si aggiunge Marco Basso, farmacista di reparto.
IL FUTURO
Per quanto riguarda le terapie più recenti, il direttore annota: «La ricerca ha fatto enormi progressi per esempio nel mieloma multiplo, ma anche nel contrasto agli stessi linfomi e alle leucemie acute, essendo aumentati successi e possibilità di cura. Ma nonostante questi dati confortanti, non va dimenticato che i tumori ematologici sono ancora causa di sofferenze e di perdite drammatiche. Molto, quindi, resta da fare per sconfiggerle».
Ed è ancora il dottor Gottardi a spiegare in quale direzione. «Abbiamo una grossa area di miglioramento in quanto stiamo andando sempre più verso le terapie personalizzate. In che modo? Definendo anche negli aspetti più intimi direttamente la malattia e le sue alterazioni genetiche, cercando di colpire i punti deboli della specifica patologia di ogni singola persona ammalata».
Una delle frontiere più rilevanti per contrastare le forme tumorali che avvelenano il sangue resta il trapianto di midollo. «Per tante malattie ematologiche - evidenza il direttore dell'Unità di Castelfranco -, e in particolar modo per la leucemia acuta, rappresenta la cura finale, al termine di un lungo percorso di terapie. Certo, è aggressiva e gravata da effetti collaterali e rischi, però per ovviare a questi aspetti negli ultimi anni sono stati fatti progressi rilevanti. Per semplificare il quadro possiamo affermare che le terapie iniziali cancellano il grosso del male, ma restano comunque delle cellule: un po' come quando si spazza il pavimento, ma in qualche angolo rimangono annidati alcuni granelli di polvere. Ecco, con il trapianto le cellule del donatore combattono quelle malate residue e resistenti, e senza di esso la patologia tornerebbe fuori. E comunque adesso il trapianto di midollo risulta decisamente meno pericoloso e viene prospettato pure a pazienti che hanno 70 anni. Positivo è poi è il fatto che adesso riusciamo a farlo con donatori compatibili solo per metà: vuol dire che tra figli, genitori e parenti, è aumentata la platea e quindi quasi sempre riusciamo a individuare una persona che possa donare il midollo».
Infine le degenze. «Io - conclude Gottardi - sono dell'avviso che nessun reparto sia un'isola e che quindi funzioni bene solo se inserito in un contesto. Nella fattispecie il nostro ha bisogno di servizi come l'Anatomia patologica, la Citogenetica, la Biologia molecolare e la Citofluorimetria, perché il nemico si combatte con terapie di precisione, se lo definisci nei dettagli. Fondamentale, quindi, è disporre di un Istituto con reparti ad hoc nel caso in cui insorgano complicanze. E a Castelfranco le strutture dello Iov collaborano con quelle dell'Ulss 2».
Nicoletta Cozza
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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