L'esito delle ispezioni: «Nascosto il 62% delle perdite»

Martedì 18 Maggio 2021
I NUMERI
TREVISO La situazione finanziaria di Veneto Banca era già a rischio default nel 2013. L'esito delle ispezioni di Bankitalia aveva tracciato un quadro a tinte fosche, figlio di operazioni baciate, finanziamenti per speculazioni immobiliari senza le dovute garanzie e valutazioni di rischio scarse. «Avevano perso il lume della ragione - ha dichiarato ieri in aula l'ispettore della Banca d'Italia, Biagio De Varti - avevano perso il senso di quello che si poteva fare e di quello che non si poteva fare».
I CALCOLI
Tra il gennaio e l'agosto del 2013 Bankitalia ha effettuato due diverse ispezioni nella sede di Veneto Banca a Signoressa: la prima aveva come obiettivo l'esame delle pratiche di fido e dei crediti deteriorati, la seconda l'analisi sul portafoglio crediti, sulla valutazione delle azioni e sulle pratiche degli acquisti azionari. Lo scenario emerso, stando alle parole dell'ispettore De Varti, è che la prima ispezione aveva portato a scoprire che «il 62% delle perdite non era stato indicato», pari a un accantonamento di 140 milioni. La seconda è andata pure peggio: dei 530 fascicoli esaminati in più di 200 dovevano essere riviste le classificazioni dei crediti che da incagli dovevano essere definiti sofferenze. In termini numerici si parla di 500 milioni di euro di sofferenze, con un incremento del 25%, 700 milioni di incagli con un incremento del 60% e una previsione di perdite di 250 milioni di euro che hanno portato Veneto Banca ad avere 87 milioni di margine e non 453 milioni. «La situazione è stata nascosta per anni» ha sottolineato l'ispettore De Varti, sostenendo che fosse nota a tutti e non solo a Consoli. Il risultato della prima ispezione, in realtà, era stato parzialmente sfavorevole, con voto 4 su una scala di 6, dove 6 indica il peggiore. Il problema è sorto nella seconda, dove gli stessi meccanismi utilizzati dall'istituto sono stati portati alla luce più nel dettaglio.
LE PERIZIE
Alla base del crac di Veneto Banca, al di là delle operazioni baciate, secondo l'ispettore De Varti è la mancanza di regole interne precise sulla valutazione delle garanzie immobiliari ad aver portato l'ex popolare al crac. Stando alle parole del funzionario di Bankitalia le perizie, che in pratica non venivano rinnovate da anni e non venivano effettuate periodicamente, esprimevano soltanto il valore di mercato e non quello di realizzo. In altre parole, quando veniva erogato un finanziamento si faceva una stima dell'immobile per conoscerne il valore di mercato. Ma in realtà alla banca sarebbe dovuto interessare il valore di realizzo, ossia quanto avrebbe recuperato dalla vendita di quell'immobile qualora la persona o lazienda finanziata non fosse rientrata del prestito ricevuto. Una prassi che permetteva di erogare finanziamenti ma che esponeva l'istituto, facendolo però figurare come solido. All'insorgere di problemi, si passava attraverso la pratica della rinegoziazione del finanziamento, classificando il credito non come incaglio o sofferenza. Una pratica che permetteva di nascondere le perdite e attrarre sempre nuovi clienti.
G.Pav.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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