L'EPIDEMIA
TREVISO Il Covid-19 continua a mietere vittime a ritmo incessante.

Sabato 5 Dicembre 2020
L'EPIDEMIA
TREVISO Il Covid-19 continua a mietere vittime a ritmo incessante. E la seconda ondata sembra ancora più letale della prima. Negli ultimi tre mesi, dallo scorso 5 settembre ad oggi, hanno perso la vita 273 persone. Ieri nel bollettino diramato dalla regione il numero delle vittime ha superato quota seicento dall'inizio dell'epidemia a causa di un balzo di 22 decessi in sole 24 ore. Il numero complessivo dei morti è salito così a 608. Un tributo di vite pesantissimo che non si spiega con la sola fragilità delle persone uccise dal virus, la maggior parte delle quali già gravate da patologie. Dei 22 decessi di ieri, 11 sono avvenuti in ospedale (si tratta di pazienti di età compresa fra i 54 e i 90 anni), gli altri sono state registrate nella case di riposo del territorio, dove si sta lottando strenuamente per contenere il contagio.
IL CONTAGIO
Contagio che dopo alcuni giorni di lieve flessione è tornato a far registrare numeri impressionanti. Ieri altre 735 persone sono risultate positive al Covid-19, facendo salire a 12.047 il numero dei trevigiani alle prese con il Covid-19. Sostanzialmente invariata la situazione dei ricoveri ospedalieri: 462 i pazienti in area non critica, 39 quelli in terapia intensiva.
LA TRAGEDIA
Tra le ultime vittime del virus c'è anche Ernesto Giulato, titolare di un'autofficina in Strada Ovest. Il sessantenne è spirato ieri mattina nel reparto nel reparto di terapia intensiva del Cà Foncello di Treviso per una grave polmonite bilaterale. Per il meccanico, conosciutissimo in città, è stata fatale la positività al Covid 19, riscontrata giusto un mese fa. Appassionato di calcio, ex portiere e poi dirigente dell'Indomita, lavorava da sempre nell'autofficina all'angolo tra via Santa Bona Nuova e Viale Monfenera assieme al socio Umberto Dotto. «A inizio novembre ha cominciato a non sentirsi bene - racconta -. Aveva brividi e febbre. Così ha deciso di sottoporsi al tampone, risultato positivo. Si è messo in quarantena a casa dei genitori a San Liberale. Seguiva meticolosamente le indicazione del medico di base ma la situazione si è poi aggravata ed è stato ricoverato in pneumologia. Poi un venerdì è entrato in terapia intensiva. Non ci voleva andare, ma stava combattendo anche un'infezione del sangue, e il virus ha fatto il resto».
IL DOLORE
Ernesto Giuliato era andato a lavorare a 16 anni nell'officina di Italo Crosato, quando nel 1985, per una morte improvvisa del titolare, aveva rilevato l'attività. Dieci anni da solo e poi con Umberto Dotto. Ma il suo sogno era fare il portiere. E avrebbe avuto anche un'ottima carriera come sportivo: «Una morte assurda - racconta con dolore la sorella Francesca, 54 anni -. Era un ragazzo sanissimo. Non stava mai male. Un lavoratore instancabile. Non riusciamo a capire come possa essere accaduto. Il virus, una infezione, un batterio nel sangue che non si è riusciti a curare. Morire così a 60 anni è difficile da digerire». Giuliato lascia la compagna Nicoletta Silvestri e i figli Zeliko di 31 anni e Leonardo di 9. Viveva a Santa Maria del Sile. «Ho appreso con dolore la morte di Ernesto - racconta Marco Pinzi presidente dell'Indomita -. Era stato una colonna della nostra società». Intanto la famiglia della signora Vittoria Pagotto di Fontanelle precisano che la loro congiunta non è morta affetta da coronavirus; la donna è mancata a 85 anni, era ospite della Casa di Soggiorno Simonetti ad Oderzo alle prese, come molte altre case di riposo della Marca, con la gestione di un focolaio di coronavirus. Ma il suo decesso non ha nulla a che fare con la pandemia.
Tina Ruggeri
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci