L'allarme di Acampora «Troppi locali etnici»

Lunedì 23 Aprile 2018
IL CASO
TREVISO Davide Acampora, candidato nella lista di Forza Italia, rilancia una questione destinata a far discutere: nei quartieri periferici stanno sorgendo troppi locali etnici take away, a cominciare da quelli specializzati in Kebab. E sottolinea un dato: in due anni, in via Terraglio, in cinquanta metri di strada, hanno aperto quattro di questi esercizi commerciali.
«Nulla contro chi viene in Italia per lavorare onestamente e mi può star bene l'apertura limitata per chi rispetta le regole - precisa - ma non si possono creare zone in cui si trovano solo questo tipo di esercizi. La mancanza di regolamentazione sta trasformando il quartiere San Zeno in un ghetto che attrae degrado a tutte le ore del giorno. E anche Santa Maria del Rovere si sta avviando su questa strada, per non parlare del complesso residenziale accanto allo stadio, dove sono presenti solo negozi etnici e una sala scommesse».
DIFFICOLTÀ
L'argomento, in tempo di campagna elettorale, rischia di aprire dibattiti infiniti. Acampora ammette che la liberalizzazione delle licenza lascia poco spazio di manovra a un'amministrazione comunale, ma è dell'idea che qualcosa vada ugualmente fatta: «Nelle periferie della città non vi è omogeneità nella tipologia degli esercizi commerciali - denuncia - stanno scomparendo i piccoli negozi senza un adeguato ricambio perché alcune zone sono fortemente svalutate. È necessario un adeguato regolamento che incentivi l'apertura di piccole botteghe a gestione familiare che possano offrire servizi importanti per i quartieri ».
LA SOLUZIONE
Propone quindi una ricetta: «Un'amministrazione che si rispetti dovrebbe creare degli incentivi per attività commerciali che offrono servizi per la comunità: panifici, lavanderia, fruttivendoli piccoli alimentari a gestione familiare nei quali la comunità può ritrovarsi e creare legami sociali. Bisogna impedire che i quartieri si trasformino i quartieri dormitorio dove la fanno da padrona solo locali etnici take away e negozi stranieri. Nulla contro chi viene in Italia a lavorare, ma bisogna rivedere tutte quelle politiche nell'assegnazione delle licenze di attività produttive straniere evitando di concentrarle tutte in determinati luoghi».
Paolo Calia
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