IN CITTÀ
TREVISO Batte le mani per Bella Ciao e non cita neppure una volta

Venerdì 26 Aprile 2019
IN CITTÀ TREVISO Batte le mani per Bella Ciao e non cita neppure una volta
IN CITTÀ
TREVISO Batte le mani per Bella Ciao e non cita neppure una volta le parole Resistenza e Antifascismo. Sposta la cerimonia in piazza Indipendenza, nel cuore della città, ma con un timing serrato: 15 minuti in tutto. Sceglie di non andare a Vittorio Veneto per rimanere coi i suoi concittadini a Treviso a «celebrare il valore della libertà», ma sceglie con cura e prudenza le parole. Il primo discorso di Mario Conte al 25 aprile risulta dunque, una gimkana tra la sentita celebrazione di un momento altissimo per la storia trevigiana e il desiderio di tenersi lontano da polemiche e strumentalizzazioni. Ma tant'è. Il 25 aprile è ancora un nervo scoperto.
TESTIMONIANZA
«Questi uomini testimoniano coraggio, orgoglio e umanità, valori universali che prescindono dalle personali convinzioni e dagli schieramenti - afferma nel discorso Conte - Queste persone, oggi, sono qui a trasmetterci un messaggio slegato da connotazioni politiche e strumentalizzazioni di parte, volte solo ad interpretare storia, simboli e canti per il proprio tornaconto o per sterili battaglie ideologiche». Il sindaco ha poi confermato le parole del Governatore Luca Zaia sulla scelta del vicepremier Salvini di festeggiare il 25 aprile a Corleone, per liberare l'Italia dalla mafia: «Credo abbia giustamente attualizzato la lotta, come ha spesso suggerito il presidente Sergio Mattarella».
CRITICHE
Ma l'Anpi e la sinistra trevigiana non hanno gradito l'asciuttezza della cerimonia e dei riferimenti. «Nel suo discorso Lei non ha parlato di liberazione, ma di libertà, di responsabilità, di comunità. Non ha mai pronunciato la parola fascismo che come ben Lei sa è legata a doppio filo a questa giornata. E noi vorremmo ricordarLe che la liberazione del 25 aprile è dalla dittatura fascista e non è una festa della libertà, senza coniugazione ad un fatto storico. Crediamo che dal suo discorso i trevigiani abbiamo imparato molto poco su questa giornata che resta uno dei pilastri della nostra democrazia», scrivono in una lettera aperta le associazioni Articolo Uno e Il Possibile. Spetta dunque alla Piccola Russia recuperare e celebrare la simbologia partigiana. E il quartiere di Fiera risponde: nel pomeriggio alle ex scuole Volta le forze alternative della città si danno convegno: Talking Hands e Django, Anpi e popolo della sinistra. Slogan, musica, discorsi ma soprattutto un itinerario prezioso organizzato dall'Istresco dentro le calli di Fiera alla scoperta delle famiglie antifasciste che collaborarono con la Resistenza. Si attraversano passaggi segreti che conducono alle case di Sante Rossetto e Carlo Geromin: falegname ebanista e intagliatore, punto di riferimento politico e organizzativo del PCI, aveva la bottega a Fiera. Poi i Meneghel, storica famiglia di antifascisti. A raccontare uomini e storie Alessandro Casellato, autore del libro omonimo su Fiera, Caillo Pavan, da anni impegnato nella ricerca dei caduti partigiani di Treviso e Sandro Meneghel, nipote della storica famiglia di antifascisti. «Queste famiglie hanno pagato in proprio la collaborazione con la Resistenza - confermano - con arresti ripetuti nel carcere allestito all'attuale Pio X. Ma alcuni anche con la vita».
Elena Filini
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