«In 4 anni quartieri senza medici»

Martedì 15 Agosto 2017
«In 4 anni quartieri senza medici»
Nei prossimi anni in Veneto sono attesi 1700 pensionamenti: quale sarà il futuro del medico di famiglia? La risposta è: lontano dalle periferie e dai piccoli presidi. Una realtà inevitabile anche nella Marca, aggravata dal fatto che l'Italia prescrive un massimale di 1500 pazienti a dottore, contro la media di 2000 nel resto d'Europa. Il caso di San Giuseppe e del prepensionamento della dottoressa Bellon ha solo gettato sale su una ferita già aperta. Con l'esodo di medici in pensione anticipata, in circa 4 anni si avranno interi quartieri dove la figura del dottore della mutua non esisterà più. E per le fasce deboli saranno dolori. La Fimmg, sindacato dei medici di base, va giù dura: «La Regione sta cercando di fare piani di risparmio che a nostro avviso ledono la salute dei cittadini». E per far capire quanto le prospettive siano allarmanti ha deciso un pesante contrattacco, con scioperi generali che da ottobre a maggio priveranno per due giorni la settimana i cittadini di servizi essenziali.
«Non si tratta di uno sciopero per soldi, sia ben chiaro -sottolinea Brunello Gorini, storico segretario provinciale della Fimmg- ma perchè ai nostri pazienti venga assicurata una sanità decente».
In realtà a livello regionale era stata studiata una soluzione: i cosiddetti ambulatori di medicina di gruppo integrata dove, insieme ai medici, personale qualificato con funzioni amministrative e infermieristiche semplifica e snellisce il lavoro dei professionisti. Su questo progetto la Regione aveva programmato di investire 25 milioni fino ad andare a regime nel 2018 con 100 milioni l'anno. Però ora l'azienda sanitaria sembra abbia frenato per questione di costi.
Ma se i poliambulatori non partono e i medici si riducono, quale sarà nel concreto la sorte di un anziano cardiopatico che vive in un quartiere periferico?
«Vedersi assegnato un dottore in un quartiere più lontano, con i disagi che questo comporta» allarga le braccia Gorini ribadendo la delicatezza della situazione.
Voi come vi state organizzando?
«L'associazione dei medici di famiglia sta cercando di tamponare le emergenze riducendosi le ferie, cercando di creare ambulatori satelliti con orari ridotti e programmando giri di assistenza domiciliare per i soggetti che si muovono con difficoltà. L'altro antidoto è aver messo in rete le cartelle cliniche di tutti i nostri pazienti, di modo che anche i sostituti possano avere un quadro completo della situazione».
Il progetto di medicina di gruppo integrata potrebbe essere un'ottima risposta alla crisi di personale. Ma allora perchè la Regione ha autorizzato a farne parte solo 4 medici di base sui 200 che hanno chiesto la riorganizzazione?
«Perchè questa riforma è stata promessa ma non viene mantenuta. E dunque ci troveremo sguarniti nei presidi ma senza quei servizi di accelerazione e ottimizzazione che avrebbero in qualche modo ovviato all'inconveniente di non avere più il medico sotto casa».
Venendo al caso specifico, la dottoressa Bellon ha scelto di uscire a 63 anni anzichè a 70. Di fatto un prepensionamento.
«La verità è che il medico di famiglia non lo vuol fare più nessuno. Per tanti motivi. Ci sono sempre più pazienti maleducati e presuntuosi, gente laureata su internet che grazie alla politica delle esenzioni facili chiede esami di cui non ha alcun bisogno. E se un medico risponde di no perchè non c'è una motivazione sanitaria valida ti dice che chiederà di cambiarti con un altro. Ormai, in molti casi, si è rotto il rapporto di fiducia e rispetto nei confronti del medico di famiglia».
Qual è la sua posizione sul caso del medico condotto a San Giuseppe?
«Chiederemo al direttore generale di mantenere il presidio per un anno almeno, in modo da dare il tempo ai pazienti di riorganizzarsi».

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